Se penso alla gente che pensa

Nessuno più fortunato di chi ha potuto respirare e vivere quella Milano a cavallo tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta.
Quando il centro piccolo della città era gremito di intelligenze, di gente che guardava al futuro con gli occhiali bifocali della cultura: uno sguardo al valore dei grandi, un’apertura all’universo mondo, con cui Milano in quegli anni ha collegato l’Italia. Bruno Munari ed Enzo Mari; Pietrino Bianchi e Gillo Dorfles; Ugo Mulas e Alfa Castaldi; i Borletti e i Brustio; Giulia Crespi e il Mattioli alla Comit. Il negozio Olivetti e le gallerie d’arte; Brera e il Parini; Augusto Morello e Lora Lamm; Max Huber e Albe Steiner; Marino Marini e Achille Funi; e poi Crippa, Dova, Piero Manzoni, Chighine, Mario Dondero… la lista dei nomi sarebbe lunghissima da perdercisi dentro.

Se penso alla gente che pensa, non posso che pensare alla Milano di quegli anni e tornando a Milano, in questi giorni, andrò a vedermi la mostra di Maria Grazia Varisco, alla galleria Permanente, in via Turati, per ritrovare i segni e i volti e i pensieri. Della gente che pensa.