Le mille luci del neo-enologo

Che il vino stia entrando nelle corde di molti personaggi, l’abbiamo capito. C’è D’Alema che con i risparmi di una vita ha comprato una tenutina, per mettere al sicuro il futuro della prole (tutti/e a fare il contadino!). Poi c’è Sting, con una tenutona in Toscana (e dove se no?) che, si è già capito, sarà il futuro suo come pierre del vino. Poi ci sono gli attori: la Sandrelli (però è anche nuora di Soldati!), quella francese di cui non ricordo il nome a Pantelleria, quell’altro non so più dove; poi ci sono naturalmente i giornalisti, in primis Lerner (in Piemonte, e dove altrimenti?), poi ci sono gli scrittori – e fa niente se non me ne viene in mente manco uno, perché da qualche parte ci sarà di certo. -.
Quello che invece mi mancava era uno scrittore che si autonomina “enologo”.
In una lunga intervista, in un noto dorso della cultura – genere e medium poco frequentati da quelli del vino, che i giornali li leggono solo per leggere numeri, o per capire a che punto è la notte – Il cosiddetto “edonista della letteratura americana” Jay McInerney si lascia andare con l’ottima Farkas, che lo stuzzica a modino, a dichiarazioni, come dire?, inedite. Una di queste diventa il titolo dell’intervista e pare davvero esagerata: “Ho bevuto in una sera 20 mila dollari di vino” che anche con il cambio che spiace a Obama fanno più di 30 milioni di vecchie lire, cioè praticamente la caparra per un piccolo appartamento.
Poi scopri che proprio oggi esce – per i tipi di Bompiani – “i Piaceri della Cantina” che è il suo libro di autoconsacrazione quale ‘critico del vino’ (ma mi pare che lui preferisca proprio enologo), e scopri pure, continuando a leggere, che – di vino, sempre – scriverà nientemeno che sul Wall Street Journal, come opinionista. Il vino è davvero pervasivo, si insinua nella vita di tutti, è immancabile, indispensabile, insostituibile. E qui si attorciglia anche ben bene all’editoria che sta tra quella cosiddetta “di consumo” e quella di profilo un po’ più alto. Ma dato che i vini si vendono (ancora) – nel senso che si ‘consumano’ e poi la bottiglia è vuota e se vuoi bere devi aprirne un’altra – mentre sospetto che con i chiari di luna correnti, i libri saranno vieppiù prestati (semmai ci si consumano su gli occhi,  almeno io), allora uno scrittore brillante si tiene un job di scorta, così potrà continuare a scrivere, e a bere, senza spendere i 20 mila dollari per bere da solo in una sola sera.