Il vecchio podere ha vissuto stagioni tra loro assai diverse. Rispetto ai suoi coetanei e anche ai poderi più recenti ha conservato i suoi caratteri, e il suo carattere. Due aspetti diversi – il secondo più intimo e avvertito solo da persone particolari, il primo più immediatamente accessibile -. Tutto sembra sia avvenuto casualmente, dal giorno ormai lontano in cui l’abbiamo visto per la prima volta, tenuti per mano da un amico innamorato della Toscana e soprattutto di queste colline – al confine tra Maremma e senese, allora parecchio selvagge e quasi sconosciute -. In verità, ha contato molto la percezione che ogni sasso, ogni pezzo d’intonaco, ogni mezzana sdrucita non fosse lì per caso, ma ricordasse presenze di uomini e donne, durante cinque secoli – tant’è l’età in cui si è venuta stratificando la casa – in cui vi si sono avvicendate famiglie di contadini e di mezzadri. “Senz’acqua, senza luce – così mi viene, parafrasando – ma piena di memorie e di pensieri.”
Che sia un luogo speciale lo intuiscono anche quelli che ci arrivano da lontano e da altre culture, colpiti dalla bellezza generale della zona, talvolta un po’ manierata – tutta ferro battuto, filari di cipressi, con gli arbusti giusti al posto giusto, ben pettinati e intenti a rappresentare la Toscana, come i toscani (e gli immigrati di lusso) pensano debba essere, per essere all’altezza di un qualcosa che si è decisamente perduto di vista.
Perché quel qualcosa (e per favore non chiamiamolo genius loci, fingendo di sapere che cos’è!), più che di archi, scale, giardini rustici, travi a vista e coppi, è fatto di storie e pensieri, e sentimenti, e lavoro di campagna, di cui chi sa leggere a volte può trovare traccia in questi vecchi poderi. E sono quelle tracce a volte impossibili da cancellare altre volte così sfuggenti che sembrano frutto di un’illusione soggettiva, che quando le incontri – più che riconoscerle ti sembra di sentirle – possono diventare qualcosa di speciale, che ispira nuove idee, amori, lavori e vite (raramente tranquille).
Quando ho conosciuto il vecchio podere e sospettato una storia intensa, si faceva fatica a trovare una camera per la notte. Erano tempi in cui l’inverno era così freddo che – con una battuta – pensavo di essere arrivata in val d’Aosta; ma le estati erano così torride che pareva di vivere in prossimità di un incendio continuo. Guai a me se penso ‘altri tempi’, perché le conserve di ricordi sono quasi più saporite degli originali.
Ora, che le camere per dormire si trovano e purtroppo spesso ti porgono lo stile d’antan non sempre ben imitato, le crepe vere si rivalutano e i ricordi pure. Bisognerà conservarli in modo adeguato, perché non solo non devono inacidire, ma serviranno pure a far sapere che alle tue spalle c’è qualcosa di vero, anzi davanti a me.