L’uomo che aveva tagliato i gelsi

dscn2234Ho un amico che vedo ormai molto raramente, ma che ricordo spesso, perché condividiamo la passione per gli alberi e l’apprensione per l’incuria che troppi dimostrano nei loro confronti. Si chiama Graziano ed è un uomo particolare, prepara tinture e infusioni con le erbe medicinali e ti sa dire come stai, guardandoti e scrutandoti, come facevano i vecchi medici. Un curandero secondo alcuni che gli affibbiano questo appellativo sorridendo un po’ scettici. Ma non sono scettici quelli che lui ha guarito da disturbi magari banali, ma fastidiosi, e talvolta meno banali e più gravi..

Non è uno stregone, è uno che conosce le proprietà delle erbe e conosce benissimo gli alberi: sostiene che hanno un carattere e un’anima e dice anche che un albero è capace di riconoscerti, se ci sono i presupposti per farlo. Graziano vive altrove, dove ha comprato centinaia di ettari di boschi e anni fa mi ha raccontato una storia che mi sembrava piuttosto una fiaba un po’ dark, finché indirettamente ho saputo che si tratta di un fatto realmente accaduto.

Mi raccontava Graziano che nel comune che confinava con quello in cui lui abitava all’inizio degli anni ottanta c’era una strada abbastanza stretta, fiancheggiata da un filare di vecchi gelsi con chioma generosa. Erano gli anni in cui il comune in questione aveva ambizioni di modernizzarsi e a un uomo arrivato da qualche anno nel comune ‘sta strada pareva angusta, lo disturbava quasi fisicamente il breve filare dei gelsi, ma sapeva come sono fatti i concittadini – davanti ti sorridono, ma poi sparlano di te e magari ti mettono i bastoni tra le ruote quando meno te lo aspetti -. Non che quell’uomo fosse un pavido, anzi in privato era anche un prepotente, e ci teneva a essere riverito e considerato qualcuno da tenere in conto, forse da temere.

Provò a convincere gli altri cittadini della sua idea di tagliare quel filare di gelsi, spiegando che sì, erano dei begli alberi, ma sporcavano, toglievano la vista al bel paesaggio lì intorno, e restringevano la carreggiata, o comunque davano questa impressione. I concittadini in faccia non gli dicevano nulla di chiaro e lui sapeva che in fondo incuteva un certo timore, ma intuiva che non erano d’accordo; inoltre sapeva che alcuni di quegli alberi erano stati piantati in occasioni particolari. Poi un giorno gli arrivò un messaggio un po’indirettamente: qualcuno – non si sa se mandato o se di propria iniziativa – prendendola alla larga, con una serie di osservazioni lo sconsigliò vivamente dall’eliminare quei gelsi.

l’uomo, sul momento, rinunciò all’idea di tagliare quegli alberi perché il tipo che era andato a parlargli lo aveva un po’ impressionato. A questo punto della storia mi ero convinta che quell’uomo fosse Graziano, ma quando gliel’ho chiesto si è messo a brontolare che lui non si impicciava degli affari degli altri e si era tenuto fuori da quella storia perché aveva già i suoi boschi che gli davano un sacco di problemi e di incombenze burocratiche e questa storia lui l’aveva appresa indirettamente.

Difatti, se l’uomo che sul momento aveva convinto quell’altro fosse stato Graziano avrebbe usato argomenti più convincenti, perché passato un anno, un mattino i cittadini di quel comune, al loro risveglio scoprirono che il filare di gelsi era bell’e scomparso: dei gelsi rimaneva qualche rametto segato ai bordi della strada e manciate di foglie che sarebbero state spazzate via.

Raccontandomi la sorpresa degli abitanti di quel comune, Graziano mi guardò fisso negli occhi, con le sue iridi verdognole e screziate come la coda di una lucertola. Io non capivo il senso di questa cronaca deprimente, e perché il mio amico si dilungava a spiegarmi il carattere degli alberi. Secondo lui – come accade per gli uomini – ci sono alberi più miti e altri alberi più aggressivi; proprio come succede tra noi umani. Quei gelsi caduti avevano suscitato lo sdegno degli abitanti ma la cosa finiva lì e anche gli abitanti un po’ impauriti, non sapendo come reagire, si erano rassegnati alla prepotenza di quell’uomo a cui non osavano dire niente (come accade di frequente), però si sentivano espropriati di qualcosa che per loro aveva avuto un senso, qualcosa che faceva parte del loro paesaggio quotidiano.

Passò un anno e quella strada così sguarnita sembrava qualcosa di non finito, nessuno ci passava più volentieri, se appena potevano, gli abitanti passavano da un’altra parte e anche il tagliatore di alberi – poco a poco – lasciò cadere le sue idee. Inoltre lì intorno era piena campagna, bella, verde, umida e brillante, di alberi ce n’erano in quantità.

Una mattina dell’anno successivo, all’incirca nella stessa stagione in cui erano stati tagliati quei gelsi, quell’uomo aveva fissato una riunione con della gente che saltuariamente lavorava per lui. Aveva l’abitudine di decidere riunioni alle primissime ore del mattino con gli operai che aveva chiamato e questa sua abitudine non dispiaceva: tutti avevano un altro lavoro o delle proprie faccende da sbrigare, e di solito quell’uomo non aveva esigenze complesse. In un’oretta avrebbero discusso e deciso il lavoro da fare. Ma quel mattino, con gli operai già riuniti, il tempo passava e l’uomo non si vedeva. All’inizio vi furono delle battute spiritose: era lui che aveva la mania di indire riunioni presto al mattino, e di solito era anche molto puntuale, se non altro per poter bacchettare gli altri e affermarsi, una volta di più, come uomo di potere.

Quando però fu evidente che non poteva trattarsi di un banale ritardo, causato da un intoppo, passata la voglia di lasciarsi andare a battute salaci, i convocati si misero alla ricerca di quel tale, che di solito arrivava per primo. Non fu facile rintracciarlo, da casa era uscito all’ora giusta per arrivare prima degli altri alla riunione, un vecchio l’aveva visto al volante dell’auto. Poi più nulla.

Lo trovarono, sempre al volante dell’auto, ore dopo, giù per la collina sul cui crinale passava la stradetta dove un tempo crescevano quei gelsi in fila che tanto l’avevano disturbato. In mezzo al pendio cresceva un vecchio gelso maestoso, forse un lontano parente di quelli segati un anno prima? Non si sa, ma l’auto gli si era schiantata contro e l’uomo riverso al volante non avrebbe mai più partecipato a una riunione, né di mattina presto, né in altro orario.

Gli alberi – mi sottolineò Graziano, concludendo la sua storia un po’ sinistra – proprio come gli umani hanno un carattere e una loro sensibilità, sono capaci di cose straordinarie. E il vecchio Graziano mi regalò una boccetta di un suo preparato con un sorriso un po’ di sbieco.