Grandina la verità

Cala il sole dopo la grandineLa regola vorrebbe – se ho capito (tuttavia non imparato) bene la lezione – che si stesse zitti. Perché molti pensano che la gente (così genericamente indicata), col tempo, dimentichi.
Perciò se succede qualcosa di sgradevole – ad esempio una grandinata tosta – meglio stare zitti, stringersi nelle spalle, farsi avanti solo se l’eventuale prospettiva di indennizzi, contributi straordinari (di questi tempi?) diventa fondata.
Perciò il tempo è sempre “nella norma”, così pure le temperature medie stagionali (quest’anno sarà davvero dura sostenerlo), l’estate “perfetta”, le precipitazioni solo qualche volta “un po’ al di sopra (o al di sotto) della media”…e così via cantando e fischiettando.
La scarsa frequentazione della letteratura, dei grandi classici, ma anche delle letture d’evasione, toglie da sempre il senso dell’epica all’imprenditore agricolo(con poche eccezioni).
Naturalmente continuo ad esprimere un parere personale, ma lo faccio con profonda convinzione, maturata in anni passati a studiare il messaggio migliore – il più convincente, efficace ed economico – per vendere prodotti (i più disparati, ma con una netta prevalenza di beni e servizi legati a una matrice culturale). E perché me ne rammarico, qui, ora? Ma perché dopo anni di rincorsa al cosiddetto ‘valore aggiunto’ (di cui hanno cianciato plotoni di politici, di pseudo comunicatori, di pseudo giornalisti, di pseudo qualsiasi cosa, purché non si trattasse di un lavoro in cui devi davvero faticare), il senso dell’epico abbonda, quando si ha un rapporto vero con la terra, cioè non mediato da chi lo racconta senza sapere e senza averlo vissuto.

Ogni giorno del contadino, dell’agricoltore, dell’imprenditore agricolo (piccolo o grande che sia) ha il cuore in gola, e già il solo raccontarlo – pianamente – a quelli che la terra la intuiscono da lontano, solo quando gli arriva nel piatto con quello che mangiano, o nel bicchiere con ciò che bevono; raccontarla cioè a quelli che fino a ieri chiamavamo consumatori e oggi ancora non sappiamo bene come chiamare, né come sollecitarne l’attenzione; già il solo raccontare ciò che succede sotto il cielo, vale oro.

Vi siete accorti di quanta sete di verità, di cose autentiche, di concretezza, c’è nelle aspettative della gente? E non pensate che il turista “straniero” sia diverso, cioè uno scemo pronto a farsi raccontare le fiabe, perché non è così. Anche lo “straniero”, soprattutto se gli piace l’Italia, cioè un paese pieno di stimoli culturali apprezza il racconto della verità, soprattutto quando gli comunica come sia stato faticoso e complicato e avventuroso il cammino che abbiamo percorso per mettergli nel bicchiere qualche goccia del nettare sublime che ora sta assaggiando: quello che beve è il lieto fine di un’epica storia.

Volere meno: volere la Luna

Siamo stati abituati alla crescita, che poi è diventata sostenibile. Non abbiamo scrupoli a volere la luna, che si sostiene da sola. Ma l’altra sera mi hanno invitato a una riunione, ‘un film già visto’ – ho pensato – ma l’invito era gentile e accattivante, la locandina (rigorosamente via mail) elegante e sobria, il titolo recitava “Il Rinascimento della Campagna” e merita annotarlo.
Il filo delle argomentazioni lo conosco bene, mi è familiare da almeno dieci anni, anche se non ho mai militato; si tratta di rivalutare l’agricoltura, completando quel ribaltamento di visione in atto da anni, ma in netta accelerazione (e allargamento) da qualche mese a questa parte. Da Wendell Berry in poi – forse già le mie letture di Thoreau, fatte durante gli anni dell’adolescenza mi rendono più sensibile (ma anche più scettica, allo stesso tempo) – abbiamo prestato crescente attenzione alla terra. In un certo senso nessuna sorpresa eclatante; si tratta di riguardare la globalizzazione con attenzione a ciò che sta facendo la finanza (un disastro mondiale), recuperare i valori dell’agricoltura, chiedendo (e se è il caso obbligando) la politica a scelte che promuovano davvero la rinascita della ruralità, anziché implementare una burocrazia che fa la cresta sul lavoro dei contadini; si tratta di dare ai giovani una reale alternativa – umana – in termini di lavoro.
L’unica, vera, sorpresa invece: la presenza di un folto e qualificato gruppo di personalità delle amministrazioni pubbliche. Gente che non si muove a caso; gente che annusa il cambiamento e cerca di capire da che parte butta. Un bel segnale, la presenza di questi signori, perché vuole dire che c’è sensibilità e – senza fare sconti a nessuno – si comincia ad avvertire l’effetto di tanti discorsi (alcuni troppo retorici) fatti in tanti anni; alcuni in malafede palese, altri più sinceri, ma ancora lontani dalla possibilità di fare qualcosa. Nell’aria aleggiavano spiriti benevoli – Fukuoka, Steiner, forse Gandhi stesso – più determina(n)ti di quanto può sembrare a prima vista.