Cipolletta

Stamattina, tra le notizie che ho ascoltato, ne ho annotate tre, da mettere in relazione tra di loro. Una è ovviamente quella che riguarda il Pil, che dai dati della prima trimestrale dell’anno in corso segna una contrazione; la seconda è un’apparente notiziola da niente sull’imminente apertura di farmacie per vegani di stretta osservanza (i vegani sono osservanti per antonomasia) e la terza notizia era il commento di Cipolletta al dato del Pil. Un commento sui cui contenuti e sul cui senso concordo totalmente.

Parto dall’ultima. Cipolletta ha dichiarato che si continuano a leggere i dati sui consumi (e sul Pil) con quelli che ha definito molto felicemente ‘occhiali vecchi’, cioè inadatti alla bisogna, e così finalmente ho sentito un commento utile e sensato a questa (ormai non più così definibile) “crisi”. Infatti chi vive la vita di ogni giorno in famiglia, in ufficio, in azienda, in metro in città, tra i piccoli imprenditori …, non ha potuto non accorgersi che tutti consumano – consumiamo – meno. A una seconda occhiata, non si può non accorgersi che i nostri consumi sono in evoluzione, in movimento; nel senso che dietro a ogni spesa c’è un pensiero, e se il primo pensiero è “posso?”, “ce la faccio?”, cioè riguarda la quantità l’ammontare della spesa (rispetto al proprio budget), cioè la ‘grandezza’, dietro questo primo (per molti inconsueto) pensiero ha cominciato ad affacciarsene un altro, di tipo qualitativo, che prende in considerazione la tipologia della spesa. E qui passo a considerare la piccola notizia dell’apertura di una catena di farmacie per vegani – cioè per quelli che non consumano nessun prodotto o sostanza di origine animale: no latte, no miele, no uova, no propoli; no a tutto ciò che appartiene al mondo animale -; non è una notizia così strana, in Europa, ma in Italia è abbastanza inedita. In Germania e nei paesi anglosassoni, lo stile vegano è molto più diffuso che da noi; personalmente sono almeno venticinque anni che scrivo ogni tanto su temi analoghi. Ricordo una lezione tenuta alla LUISS, agli studenti di giornalismo, a cui dissi che la nostra alimentazione sarebbe mutata di pari passo (e in conseguenza) con l’evolversi del nostro comportamento con gli animali e con la nuova sensibilità nei confronti della natura. Per andare un po’ sbrigativamente, la cosiddetta crisi ci ha spinti ad accelerare i nostri sentimenti in talune direzioni. Chi mangia di meno (indotto a fare un po’ di risparmio a causa della crisi) inevitabilmente si accorgerà di stare meglio (di salute) e allo stesso tempo contribuisce a creare una cultura, un’opinione, in quella direzione. Ancora una volta, il mercato si muove, in direzioni che non riguardano solo i numeri, ma anche generi, abitudini, stili, cultura; perciò leggere le quantità non è sufficiente per sapere dove stiamo andando. Cipolletta lo sa e lo sappiamo tutti noi che abbiamo lavorato – con passione e serietà – nel mondo della pubblicità, che – va sottolineato – non è quello di Berlusconi (semmai il suo è quello della propaganda che ha forzato e spaccato il mondo della pubblicità!). Peccato che non lo sappia chi governa, che non lo sappia la politica che si agita spesso a sproposito e in modo ignorante. Abbasso i sondaggi e viva le ricerche qualitative, dunque, che danno non solo i numeri ma anche conoscenza e pensieri per guardare al futuro con maggior consapevolezza.

Compratevi un libro!

Faccio mio l’occhiello all’articolo di un giovane e bravo giornalista – anche se non sempre condivido le sue opinioni – uno con l’occhio lungo sul futuro del nostro paese: “Compratevi un libro!!!”, con tre punti esclamativi. Un’esortazione che nel nostro paese malato di corruzione e afflitto da leadership dei soldi e dell’apparenza rischia di cadere nel vuoto. Allora aggiungo: “Compratevi un libro, che fa fino!”, ma forse troppi di quelli che mi passano accanto ogni giorno non restano colpiti neanche da questo appello. Perciò rivedo l’appello – questa volta sono certa di centrare l’obiettivo -: “Compratevi un libro, farete i soldi!”. Sono certa che sia l’argomento vincente, ma per completare l’appello dovrei aggiungere “…e il vostro vicino morirà d’invidia”. E così il cerchio si chiuderebbe.

Il giornalista che stimo è Stefano Feltri che riprende, sulle colonne de “il Fatto”, un discorso di Visco, Governatore della Banca d’Italia, tenuto a Bari l’altro ieri. Visco sottolineava alla platea i dati che marcano la nostra crisi profonda. Perché essa ha robuste radici che affondano nell’arretratezza di questo povero paese di ignoranti. Non faccio che riportare i dati sconfortanti segnalati da OCSE: oltre metà della popolazione italiana nello scorso anno non ha letto un libro; la spesa delle famiglie in attività culturali (libri, cinema, teatro, musica e sport), si è contratta (è crollata) del 21%; il 70 per cento degli italiani adulti non è in grado di leggere un testo lungo e di coglierne i contenuti importanti e significativi.

Ma se non sei capace di capire che cosa scrivono in Europa e nel mondo – dico io – come farai a difenderti, a difendere le tue idee (ammesso che tu ne abbia)?; sì, perché le idee, le soluzioni che bisogna trovare nei momenti difficili ai problemi sempre più ostici e complessi che ci si trova ad affrontare, non si trovano direttamente nei libri (a volte, sì!); ma la lettura è il mezzo per reperirli, per immaginarli e senza immaginazione il mondo sparisce (pensate a Apple, nata da uno che sapeva immaginare). Libri, cultura e istruzione – sottolineava (infatti) ancora Visco – non migliorano solo la nostra vita interiore, ma sono la premessa indispensabile per far crescere il livello qualitativo del paese – cioè prima di tutto le persone – perché queste sono il “capitale umano” e senza capitale umano non c’è neanche possibilità di crescita economica. E si potrebbe anche aggiungere: è (stato) facile crescere, partendo da livelli minimi, negli anni scarni del dopoguerra e nei due decenni successivi, ma quando gli aspetti qualitativi devono diventare dominanti, quando si “entra nel fino”, come si fa a pensare che vi siano possibilità di sviluppare qualità vera – non a parole – se a capo di tante istituzioni vi sono persone grette, legate solo al soldo (personale) purchessia? Gente che non ha mai letto un libro!

E questo è (solo) l’aspetto più plateale, più visibile. C’è un’altra ricaduta insidiosa che ci viene dal basso livello culturale del paese ed è un fattore che deforma il lavoro e i rapporti tra persone. Chi non legge, “non legge” nemmeno gli altri, è portato a fraintendere e a vedere solo il proprio guadagno immediato. Da questa intensa miseria morale – da cui è complicato uscire – nasce l’invidia – un sentimento che niente ha a che fare con la competitività – un sentimento, spesso goffamente travestito, che impedisce di fare squadra (non a parole!), che impedisce di capire che la fortuna del vicino è contagiosa, se non altro perché “sparge fatturato”, che impedisce di usufruire dell’altrui intelligenza, che impedisce persino a interi paesi in cui la gente dovrebbe lavorare insieme per interesse comune – di vedere quanto potrebbero allargarsi i propri limiti.

Ignazio Visco ha sostenuto che libri, giornali, cultura sono la premessa per far crescere il PIL e ha esortato a leggere e istruirsi. Anch’io – nel mio privatissimo di cittadina – ne sono convinta; aggiungo che in questa prospettiva vivrei meglio io, ma ne godrebbero molto di più quelli che ora non leggono: salirebbe il loro tenore di vita, il loro vero tenore di vita, un benessere che essi non conoscono (e che non conosceranno mai, se non leggeranno)DSCN5160

Ma come farlo capire a chi non ha capito finora che quella è la strada giusta? E soprattutto come farlo leggere a chi non capisce il vero significato delle parole scritte?