Una flor para la Carmen

Troppe volte mi ritrovo a leggere con rammarico e un po’ incredula la notizia della scomparsa di qualcuno che ho conosciuto in anni intensi, in casa editrice; del resto una grande casa editrice è un vero e proprio palcoscenico in cui entrano – qualche volta irrompono – i personaggi più diversi. L’altro ieri, quando ho appreso della morte di Carmen Balcells è stato un po’ come se fosse morto un’altra volta Gabriel Garcia Marquez.

Negli uffici dell’agenzia letteraria della Carmen, allo storico indirizzo di Diagonal, avevo incontrato per la prima volta il grande Gabo, che aveva chiesto di vedermi per discutere dal vivo le copertine dei suoi libri (che voleva uguali, in tutto il mondo e in tutte le lingue in cui erano tradotti, a quella che il mio editore gli aveva proposto). Un incontro che aveva eccitato tutta la casa editrice, perché l’autore era stato conquistato, ma nessuno – nemmeno l’editore in persona – l’aveva conosciuto personalmente.

Lui indossava abiti vagamente contadineschi, di un marrone intenso e caldo, come gli occhi, i baffoni, i capelli … tutto, proprio come l’avevo fatto disegnare da un amico, per una bellissima affichette realizzata in occasione del Nobel che gli era stato conferito; era, insomma, esattamente come appariva nella mia immaginazione, o come alcuni dei suoi personaggi.

Ma la Carmen – grandi gonne, toni spenti, capelli raccolti, aria paciosa che non traeva in inganno – era un concentrato di energia, di intelligenza costruttiva, di dinamismo tutt’altro che scontato. Una persona da ascoltare e da guardare fino in fondo, per scoprirne sfumature e filigrana. Una donna che non dava niente per scontato e che dominava i suoi amatissimi autori. Di salute instabile e sguardo attento, mi avrebbe aiutata enormemente, negli anni successivi a fare le scelte giuste per Marquez che si fidava e affidava alla sua intelligenza.

L’ultima volta che l’avevo incontrata, nel suo ufficio sulla Diagonal, ero andata a Barcellona per presentarle la donna che si sarebbe occupata dei suoi autori e ci eravamo salutate con la promessa di una sua visita a Siena, per vedere i paesaggi di questa campagna, “se la salute me lo permetterà”. Una volta di più per imparare che certe promesse vanno coltivate alacremente, se si spera davvero che siano esaudite.

Una flor para Carmen.DSCN0010

 

Camino Real

Fiumi di inchiostro, ma anche di lacrime, lacrime di nostalgia, per un tempo che visto da qui pare ormai irraggiungibile. Un tempo che non tornerà mai più, nemmeno per i figli. Il terremoto in Messico, di cui ho sentito stasera alla radio, con Città del Messico già scossa dalla morte del grande Gabo mi ha fatto tornare in mente la sua raccomandazione per la scelta dell’albergo – “Macché Sheraton, porta ancora i segni dell’ultimo terremoto, ha crepe profonde sessanta centimetri; devi andare al Camino Real, è l’unico albergo sicuro, e ricordati la città è costruita sugli orti galleggianti degli antichi abitanti che vi coltivavano il mais, anzi il teosinte – l’antico grano basico (forse l’equivalente del nostro triticum progenitore del frumento) – ed è su quelle colture interrate che hanno costruito i grattacieli odierni”. Marquez mi guarda dalla maquette posata su una libreria qui accanto; capisco, gurdandolo, che sono troppo impressionata da questa morte divenuta il punto alla fine di una frase. Resta il consiglio: dormire al Camino Real, che è anche un bel nome, reale in tutti i sensi, anche quelli sconsigliati dal buon senso …