Le parole sono quelle per dire un gesto arcaico e bellissimo, un lavoro di quelli che nutrono il mondo. Quando le senti ti puoi immaginare mani di rezdora appoggiate a un grembiule candido e un po’ ruvido, mani sporche di farina che si muovono – robuste e veloci allo stesso tempo – oppure le mani di un maestro di pasticceria, che ti propone una delle sue ‘chicche’ naturali (magari dopo averti proposto per anni altre ghiottonerie un po’ più artefatte; ma si sa oggi se non è naturale che ne parliamo a fare? Perciò il ‘maestro’ più o meno silenziosamente convertito alla naturalità, ti propone con ‘naturalezza’ gli stessi prodotti – buoni, buonissimi! – che prima ti vendeva sotto altre spoglie (mentite?).
Lo stesso maestro – la rezdora è introvabile, a meno che si tratti della comparsa di un set di cuisine, o di pasticceria: uno di quei ‘master-qualcosa” che ora vanno per la maggiore – però, pilotato da maestri di pensiero (e di parola), dai soliti spin doctor o loro succedanei ti racconta che uno degli ingredienti del suo dolce prelibato è (udite, udite!) l’amore, addirittura. Magari l’amore per i soldi? Insomma è l’era della parola, anche se mai il dire (parole) e il fare (cose concrete) sono stati più lontani, e così a lungo, l’uno dall’altro.
Così può accadere che ad avere le mani in pasta possano essere personaggi un po’ equivoci, tutti succedanei di (ex) figure prestigiose. Professionisti, ora un po’ scalcinati; artigiani, che si rieditano quali business men, figure pubbliche dall’aria un po’ disorientata e sì, anche qualche chef divenuto succedaneo di sé stesso, per pura ambizione, e magari di seconda mano … finiti i bei tempi del lievito madre che era la madre di tutti i lieviti. Ora quello che conta sono le parole e quando va bene delle belle foto che cantano il Kyrie al recente passato, fatto di croissant e di charlotte, di cioccolato e di torte mimosa, con in mezzo i salati più salati (per via del prezzo) mai passati su questo schermo.
Avere le mani in pasta può voler dire cercare le scorciatoie – conoscendo un paio di persone ‘giuste’, essendo ben collocato nel sistema (come un topo nel burro chiarificato) – per rastrellare soldi, per far fare carriera a quelli che ti interessano, per pensare a rimediare una gaffe…
Sì, le parole possono impressionare, contribuire a scaldare un’atmosfera, ma da sole non portano lontano, non bastano a rattoppare le coscienze un po’ sudaticce, a rasserenare un volto arcigno e teso, insomma a cambiare la sostanza delle cose; soprattutto se di ‘cose concrete’ si era abituati a trattare.