La Mamma è gratis

Cara Mamma non so se te l’avevo mai detto, ma quando ho scritto, disegnato o fotografato, l’ho sempre fatto di pancia, sull’onda di un’emozione che mi è arrivata così – non so mai bene come e perché; poi però, guardando le immagini o leggendo lo scritto, quello che avevo fatto mi è sempre sembrato carente, povero, o addirittura brutto. Se invece riaprivo l’album dopo un anno, tutto mi sembrava molto interessante, mi piaceva. Chissà perché: ero cambiata io, oppure quello che avevo messo sulla carta (o magari online) era diventato attuale rispetto alla realtà? Sono certa che tu avresti avuto una risposta interessante da darmi a questo proposito, e anche un parere intelligente.
Ecco mi mancano i tuoi pareri intelligenti e scarni … perché ci beccavi sempre.
Ora è raro incontrarsi con chi ha queste belle abitudini – intelligenza, riflessione, uso di mondo, buongusto – e ci si accontenta di pochi momenti interessanti con persone che sembrano sempre di più piccole miniere con cui compensare le diffuse e frequenti imperfezioni quotidiane.
Se tu fossi ancora tra noi, di fronte a questo mio pensiero diventeresti sarcastica. Allora mi sembravi cinica, coniavi aforismi commentando la vita quotidiana, lo facevi di continuo. Sembravi cinica ma invece era il tuo modo di mettere un po’ di distanza tra gli eventi e i tuoi sentimenti: quel poco che serviva a mantenere un passo dietro l’altro nel quotidiano, senza perdere l’equilibrio, resistendo ai venti della vita che per te non è stata facile – due guerre, sette fratelli morti, un padre giocatore e debosciato, la spagnola, a sedici anni andare in Inghilterra, trovare lavoro e imparare l’inglese -. E poi sposarti, con mio padre e con l’eleganza che mettevi in tutto; con il tuo mitico coraggio, di cui parlo spesso perché mi ha ispirato più volte, e mi ha – a sua volta – dato l’energia per tenere a bada e risolvere le grane, le bufere, le perdite che ho dovuto affrontare; con il tuo proto-ecologismo quasi maniacale (il rispetto per chi raccoglie i rifiuti, mangiare solo quello che la stagione e i luoghi offrono, l’attenzione alle regole e tutto il resto). Non ho consumato tutto quello che mi ricordo di te, mi sembra di avere ancora da scavare e a volte, ripensandoti e ricordando com’eri, mi sembra di avere ancora da raccogliere suggerimenti e innovazioni.
Incredibile, no? Eppure è proprio così, sei stata una miniera – lo sei ancora – e credo che questo sia il più bel complimento da fare alla propria madre. Mi hai così poco baciata però mi hai dato tanti attezzi per vangare a fondo il mio campo. Una madre lunare e un po’ lunatica sei stata, ma molto utile: come può esserlo una mamma vera che non ama le sdolcinatezze. Chissà se anch’io sarò riconosciuta così, un giorno? Forse non mi dispiacerebbe e il ricordo è gratis …

Vento di fine anno

Ritorno alla Costaccia dei Fagnani, in questo pomeriggio di dicembre, con il sole a taglio basso che ripartendo dal recente solstizio ha già un altro gusto. Erano anni che non svoltavo di qua, verso la loro aia ricca di humus; dove la vita – che brulica tra le foglie in terra, i frutti marciti, gli stecchi e un po’ d’insetti in fasi transitive verso le forme che solo gli entomologi conoscono intimamente, con verdi inaspettati di muschio che sfolgorano di colpi di luce che bucano l’immaginazione -, non è solo metafora, è quasi la cronaca di quarantacinque anni (giusti giusti, in questi giorni) dall’acquisto di una casa che è diventata un mondo; debiti, viaggi, muratori, errori, chilometri, riunioni, feste, musica, compleanni, litigate, tradimenti, notti insonni, gatti, cani, amici morti e vivi, sguardi in tralice, discussioni, tradimenti, eleganza, curiosità infinite, tradimenti, alberi, querce vive morte risorte, muri che cadono, operai che non vengono, porte da cambiare, insulti e disconoscimenti, tradimenti, travi da cambiare, scarabei rinoceronte, persiane abusive, finestre aperte, chiuse, riaperte richiuse, scoperte di tesori nascosti in bellavista, tradimenti, anni, mesi, chilometri, estati, fichisecchi, candele, acqua che manca, le lunghe pause degli operai dell’Enel con merenda nel bosco, i vicini, gli ospiti, i poeti, le altre feste, fosse biologiche che rigurgitano, altre fosse biologiche, le visite della poiana, querce che cadono (tre!) e cercano di ammazzarti, notti di cieli stellati, la pompa dell’acqua che non pesca, la luna che sorge dal poggio nel luglio, i vicini che pompano l’acqua, Picchio, Pocchio, gli orti con le buche delle fate, l’annestino, il Pulcino che frantuma i massi col fuoco e con l’acqua, gli ospiti, Gastone che accende il forno, le teglie, i piatti, la musica, i Premostratensi che vengono a pranzo, l’organista Mascheroni, Pasqua, Natale, il cortile da ripulire, il serpente vaccaro, l’eternit da eliminare, l’arpa che arriva da Milano, le marimbe e Ben Omar, i tappeti sulle lastre del cortile, grilli, nacchere, timpani, conchiglie, piantare alberi, piantare fiori, piantarla, Armando e Rosa che vendemmiano, i Fagnani che hanno il dito verde e vengono a darmi una mano, bambino piccolo, bambini piccoli, gli amici dei bambini, amici, gli amici degli amici, prendere il sole, tornare alla grande casa che dall’aia dei Fagnani non si vede, ma se ne ascolta la presenza.
Sta accovacciata sul poggetto in cima alla salita, come un animale non completamente addomesticato – lì, in un altro tempo c’era il mare, il fondo del mare, ora, dal basso, se stai in silenzio puoi sentirla respirare, e guardarla per vedere la sua storia – la strada che porta fin su è vecchia di centinaia d’anni, ci hanno camminato  preti, soldati, contadini, viaggiatori. Attraversa boschi, vigne e radure, attraverso la mia vita.