Plissè Soleil

Ci sono state alcune stagioni che mi sembrano lontane e diverse da quelle altre che mi paiono somigliarsi tutte; ancora di più alcune, nel ricordo, mi sembrano speciali. Il tempo, quando si rompe un regime stagionale consueto e magari arriva il sole, o finalmente piove, apre delle fessure da cui escono episodi e colori, un rumore che non sentivi da anni. Mi ritrovo momenti che stavano ben ripiegati e composti in un cassetto che non aprivo da tempo, e improvvisamente la vita cambia direzione, o ha un colore diverso; soprattutto il senso di quello che hai fatto e i pensieri che ti hanno spinto a muoverti in un certo modo li vedo da una prospettiva diversa. Non è mai un “controcampo”, più spesso è un “controcanto”; perché io non sono un’altra ma sono una persona diversa, che ha dentro tutto quello che ha visto, che ha detto, che ha immaginato e il ricordo dà vita a un momento che mi ritorna in mente con sfumature e vissuti che forse sono solo immaginari. Come il controcanto che dà un colore in più a una canzone già conosciuta. E’ un ri-editing, una cover, o sono gli scherzi della memoria.
Così il sole che irrompe nel silenzio anormale del giorno festivo mi porta a uno chemisier di seta indiana color magenta; un colore così cangiante non si era mai visto a Milano e forse nemmeno a Parigi, per come lo ricordo. Il segreto di questo colore che “frigge” (come frigge e scalpita il colore in una certa tela del Veronese che sta a Brera), è dato da trama e ordito di due cromìe coraggiosamente contrapposte, un modo di tessere e di abbinare i colori che – negli anni del mio apprendistato – era sconosciuto in Occidente. Ora quell’abbinamento si fa, ma di rado porta con sé quello che riusciva a raccontare quel taglio di seta di cui mi ero appropriata, alla mostra dell’India.
Mia madre aveva un talento speciale per il colore e quando ho portato a casa la seta, sapevo che il colore non era solo inusuale: era addirittura scandaloso; ma lei non si era per niente stupita. L’incontro con la sua complice, la geniale signorina Re – già autrice di meravigliosi abiti da sera che incorporavano nell’orlo danzante il cerchio dello hula hoop; abiti che mia madre mi faceva fare per ballare alle feste – ha dato vita a un modello “francese”, un classico. Lo chemisier aveva colletto e spalle nude, tutto allacciato davanti, e a partire dallo sprone tutto a plissè soleil.
C’era qualcuno, da cui le sarte si fornivano allora, che preparava il plissè a parte: le sarte fornivano il taglio, in misura, calcolata con esattezza, e poi la parte plissettata veniva assemblata al resto. E c’erano anche le piccole ditte artigiane a cui dare la stoffa necessaria per realizzare la cintura di un abito.
Ricordo bene come mi stava quel vestito e come, camminando si apriva il plissè, i colori emettevano luce. Il magenta sfavillante dell’ordito picchiava forte sul colore più arancione della trama e il sole rendeva il tutto plausibile. In quel tempo una designer geniale, Lora Lamm, iniziava a usare coppie di coloriture per le affiche che creava a la Rinascente. Da qualche parte Ken Scott creava tessuti con coloriture inaudite. I miei cassetti sono sempre pieni di quei colori e di altri abbinamenti ‘pericolosi’. L’abbinamento è un segnale, non sono in molti a saperlo e a saperlo usare; ma il coraggio per abbinare i colori a volte è una vera e propria sfida culturale.

4 pensieri su “Plissè Soleil

    • Ho una cassettiera piena di passati … e sì, anche passioni, una di queste è stata il plissè. Non fa una piega, no?

  1. Il coraggio per abbinare i colori a volte è una vera e propria sfida culturale!
    Come non essere d’accordo!!!
    Ciao Silvana

    • Ciao Marta; ogni tanto, dalla memoria mi arrivano colori e forme e stimoli di quegli anni così lontani, eppure così presenti nella mia vita. Strano come gli stimoli che ho ricevuto allora contino ancora, anzi, qualche volta ho l’impressione che il loro ‘messaggio’ non solo sia più attuale che mai, ma continua a lavorarmi dentro. Ho quasi finito di disegnare – sull’onda del ricordo e con l’aiuto di immagini e disegni precedenti – il mio “fico che danza”, che rivedrò alla fine di Maggio, spero. Ci pensavo, mentre disegnavo, a quei colori che sono legati a momenti in cui ho incontrato tutto un gruppo di persone fortemente creative. Milano era formidabile in quei tempi e si sente il bisogno (io lo sento) di un rinascimento delle idee. Ora posto il mio messaggio di 1° maggio. Ciao

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