Tra un santo e un crostino

 

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Non sarà un addio – ci ripromettiamo – è un cambio della guardia; qualcosa che nemmeno avrei immaginato, pochi mesi fa.

La bella Abbazia di Sant’Antimo – un mattino di luglio stavo sdraiata nell’erba, dietro all’abside, disegnando gli olivi lucenti nella calura – sarà presidiata da altri religiosi che daranno il cambio ai Premostratensi, canonici agostiniani biancovestiti che tornano alla casa madre, in Francia … e a Sant’Agostino subentrerà San Benedetto (“ora et labora”); laicamente penso che cambia la Regola, rimane bianco il saio. E i fratelli di Sant’Antimo, che hanno anche presidiato come parroci questo villaggio di Sant’Angelo (luogo fintamente appartato, frequentato da regine, ministri e personaggi lustri e lustrabili: antico, cosmopolita, riservato, paesano, e un po’ snob), oggi sono nostri ospiti.

Oggi, una manciata di abitanti saluta chi parte e chi arriva; qui al villaggio, don Antonio, il nuovo parroco – un’aria tosta, di prete campagnolo, colto e spirituale quel che basta -.

Chi parte (i Premostratensi) sa bene che crostini come quelli che assaggiano alla Trattoria del Pozzo, nei dintorni della franciosa casa madre saranno introvabili.

 

 

 

 

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