Gentrificazione in viale Monza

Una corsa a perdifiato e loro due – il padre e l’infante – che trovano il tempo (e il modo) di un gioco da complici, teneri e sghignazzanti; una marcia longhissima che mi trova impreparata, come un percorso in treno in mezzo a un paesaggio noto che però non puoi (più?) toccare. La scuola a cui siamo diretti è quella di mio figlio al suo primo giorno e sento ancora il pianto disperato (proverò la stessa angoscia anni dopo e per mia scelta). Passa nel chilometro, tra cinesi e fashion che chiudono e aprono, lanciato nel tempo, la mia vita di bimba – qui suor Maria Ersilia mi prendeva per le spalle e scuoteva, scuoteva la mia animuccia di bimba pigra e meditativa per riportarla alle regole dell’ortodossia monacale, qui anche i vini tipici pugliesi d’un tempo e poi qui abitavano i Montorsi, soprattutto lei la signora Montorsi a cui penso spesso e non so perché – il corpo minuto e il volto scarno e intelligente, il marito col cappello grigio e floscio -; qui il matrimonio di Grazia V. col marito parente dello scienziato scomparso nel nulla (la chiesa squallida da periferia senza sogni e il colbacco bianco di pelliccia), i marciapiedi con le cacche di format milanese, le scritte prive di pensiero che imbrattano i muri, le cancellate ridipinte, le belle architetture liberty e déco, le cornacchie impudenti che rubano i sacchetti e ci frugano dentro, gli eterni piccioni, l’amica a Bruxelles a rifarsi – da vecchia – una vita interessante, qui stava la Fortis noblesse oblige fidanzata con l’intellettuale schivo che saliva con i piedi sull’asse del cesso e lasciava sporco; qui il lattaio dove era cliente Rina Fort, il tram che è come un jingle, il super che legge il futuro, Vinicio ritrovato girando l’angolo a Parigi, Sanae Ando che scende dal tram in kimono per Natale, Augusto Morello e i marchi d’origine controllata, il boalum e la sinfonia dalla Cavalleria Rusticana, il Gerry Mulligan Quartet alla Salle Pleyel, tanti alberi conosciuti in un’altra vita, nel parco grigio e freddo, Fabrizio Corona. Poi il ritorno sempre di corsa, e di corsa mi ri-affaccio su viale Monza che non riconosco (ma ero qui un mese fa!). “Ci prendiamo un caffè?”: gentilezza e cortesia come in Piemonte (o in Sicilia) nel bar pieno di professionisti in nero grigio blu, due parole col figlio che ti sembra un tuo babbo remoto: “gentrification”, e te lo spiega pure.

2 pensieri su “Gentrificazione in viale Monza

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