Robin e Vladimir

Mi domando quanto e come si modificherà la sensibilità (forse anche l’intelligenza) della generazione nata in questi anni; dimostra una spiccata versatilità nell’uso di tablet e affini tecnicalità, un senso del ‘digitale’ che pare escluda (paradossalmente) l’uso delle dita così come lo conosciamo noi. Mi accorgo quanto conti (e incida in profondità) la mia manualità – scrivere, disegnare, ritagliare, incollare e mescolare tra di loro queste attività manuali –  nel guardare vedendo in modo personale ciò che osservo. Poi capisco anche che certe letture – certi autori – mi ‘stirano’ la psiche, cioè lo sguardo, cioè la manualità che a sua volta sgomitola quello che matura e gioca nella mia testa. Capisco che pensieri e lineee sul foglio, parole che scrivo, parole che leggo sono come una rete in cui si impigliano le immagini che colgo nell’ultimo oro delle foglie di sangiovese, il bagliore magenta di altre foglie che si stagliano sul nero di un bosco di lecci, l’orlo delle nuvole che ricama lo sfondo dietro l’ailanto spoglio, e così via.

Quest’anno forse per il clima e il meteo, ma forse ho anche l’occhio influenzato dalla lettura appassionante dei racconti di Nabokov: così vedo (guardo) le foglie caduche e le loro mirabili coloriture che mi sembrano più fotogeniche, più disegnabili, più raccontabili degli altri autunni. Mi viene in mente che forse con gli anni ho affinato lo sguardo, oppure capisco che il tempo passa quindi ‘guardo’ più da assetata … ma in realtà so bene che la lettura di quel formidabile raccontatore di paesaggi, soprattutto di quelli della nostalgia, che è Vladimir Nabokov, a cui mi sento così affine per modo di sentire (non certo di raccontare: lui è un genio poeta), mi accende la vista, mi ‘costringe’ a sentire mentre guardo e mi fa venire un’intensa voglia di disegnare. Proprio come un assetato ha voglia di un bicchiere d’acqua.

Così mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra di Fonterenza, con la piccola Isola in braccio – la schiena premuta contro il mio petto e l’odore di lattante pulito e caldo che mi riempie la fronte – e fuori tra i rami del ciliegio si fa strada una macchia color ruggine intenso, appare e scompare sul filo delle movenze del pettirosso che non sa di essere osservato. Lo indico alla piccina, sussurrandole all’orecchio: lei si agita e picchia la manotta sul vetro e di rosso restano solo le foglie … Robin Hood è tornato nei suoi anfratti.RSCN2288DSCN2277

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