Parlavo avant’ieri con una donna che stimo e a cui mi rivolgo per avere consigli – è anche il suo mestiere quello di dare consigli, ma lei ha una marcia in più, perché si vede che ci mette del suo, un’attenzione appassionata che dice molto di lei – e questa signora vivace e intelligente mi ha raccontato che ha bisogno di camminare, per problemi di salute. Va quindi a camminare, impegnandosi con il marito in giri anche lunghi, nella campagna in cui è nata e cresciuta e a cui ha finora fatto poco caso, indaffarata a crescere la famiglia, lavorare in ufficio, occuparsi dei genitori e così via. Mi ha scaldato il cuore sentire l’emozione nel suo racconto, mentre mi diceva con parole sue (che assomigliavano così tanto ai miei pensieri!) quanto guardare i paesaggi che la campagna offre, qui nel senese, intorno al bel paese in cui sta e lavora, le stia facendo bene allo spirito e perciò alla salute …
Di solito chi è nato in un paesaggio non ha molti strumenti per riconoscerlo e quindi dargli il valore che si merita; ci vorrebbero tanti medici a prescrivere di curarsi con il paesaggio e questo farebbe bene assai ai luoghi, all’economia, alla spesa pubblica … Al grido di “meno statine più paesaggio” si spenderebbe di meno in antidolorifici, in statine (ovviamente), in anti diabetici, in antidepressivi, in viagra (il paesaggio fa bene anche al pisello).
Se il paesaggio fosse riconosciuto e interiorizzato dai politici e dagli amministratori pubblici, accadrebbero alcuni miracoli di cui abbiamo bisogno con urgenza: 1)- anziché costruire per compiacere un elettorato avido e ignorante, si lancerebbe una campagna per “restaurare e mettere in sicurezza” il nostro patrimonio, con identico risultato in termini di fatturato e posti di lavoro (ma meno business per i cementieri, però), con una riqualificazione professionale dei lavoratori del settore edilizio e dintorni, che recupererebbero anche capacità artigianali che minacciano di scomparire; 2)- agricoltori e lavoratori del settore agricolo avrebbero uno status diverso e verrebbe finalmente riconosciuto anche il loro compito sociale di salvaguardia e di custodia, con valorizzazione di prodotti e fatturato; 3)- le amministrazioni pubbliche (e sulla loro scia, i suddetti agricoltori) la smetterebbero di sversare, appena possono, ettolitri di sostanze che hanno lo scopo di seccare l’erba “risparmiando lavoro” (con gli effetti che illustro nella foto qui sopra): otterremmo due benefici e il primo riguarda proprio il paesaggio che rimarrebbe dei suoi colori naturali, con vantaggio per gli occhi e per la mente; il secondo riguarda la salute, perché si tratta di sostanze su cui gravano dubbi e sospetti.
Questo pensavo, dopo aver svoltato su per una stradetta scoscesa, dopo un camminata benefica in mezzo al verde e alle vigne; quel verde così incompreso e bistrattato, eppure così benefico, per la mente e per la bilancia del turismo.
Essì, ma c’è chi è totalmente non vedente!
E’ vero; vedere o non vedere dipende da come sei cresciuto, dalla mamma e dalla famiglia, poi dalla scuola e dalla qualità degli insegnanti, dalla sensibilità personale (e magari anche dall’acume), poi dagli interessi: se metti esclusivamente l’interesse economico personale, è inevitabile che uno non veda o non guardi nemmeno – inquinamento, danni ambientali e paesistici, squilibri e invadenze (cattivo gusto) -.
Non che il guadagno e il danaro siano il peccato, ma se per guadagnare cedo agli abusi (o anche solo al cattivo gusto) è un altro paio di maniche. E’ l’amministrazione pubblica che dovrebbe sbarrare la strada al “brutto” e all’inopportuno; ma non sempre e non tutti gli amministratori ne hanno gli strumenti; tra questi strumenti penso principalmente all’autonomia dalle convenienze e dai lacci di partito. Se l’Italia diventa brutta comunque la responsabilità è anche dei troppi cittadini che non si interessano della cosa pubblica …