La Forestale mi raggiunge nella Giungla

Sono in quattro, sono gentili, sono efficienti: è il Corpo Forestale dello stato che giunge a casa mia – pure sede di una mia microscopica (ma – presumo a posteriori – sempre più significativa) attività. E’ la Forestale, che fa i richiesti controlli – per conto del Ministero o di altri – nell’ambito ” delle politiche di tutela del Made in Italy“.
Ci tengono, e me lo sottolineano più volte. Sono i Servitori (“s” maiuscola in segno di rispetto) di uno stato che si occupa piuttosto del contorno ( chi ha detto cosa di chi e che cosa ciò può significare per la democrazia) anziché della sostanza, ovvero di che cosa bisogna fare per dare una mano ai cittadini.
Dunque arriva la Forestale, in quel di Sant’Angelo in Colle e mi fa domande per niente imbarazzanti, anzi! Osserva, controlla, chiarisce, risponde evitando abilmente tutto ciò che non è pertinente.
Tutto fila ‘liscio’ come dev’essere, finché il Maresciallo estrae i moduli per il verbale e infila tra due moduli un foglio di carta carbone, “per la copia”.
E’ un salto nel passato del nostro paese – in quello fotografato da Richard Avedon negli anni cinquanta, e pubblicato in Observations (Simon & Schuster, 1958) -.
“Dov’è il tablet, Maresciallo?” gli chiedo senza voler essere insolente (anzi sono accorata); la risposta, amici miei, è nel sorriso dignitoso del suddetto, che si autocensura.
Stamattina telefono a Radiotre e approccio la segreteria raccontando che, mentre tutta l’Italia sta discettando (fino al nostro sfinimento) di Berlusconi – evasore e vittima del giustizialismo – la Guardia Forestale se ne va in giro scrivendo verbali con il supporto tecnico della carta carbone.
“Non capisco che cosa lei voglia dire con ciò”, mi soffia rispondendo la signora di Radiotre. Capisco, solo in questo preciso istante che il paese è davvero senza speranza e che se fossimo nella giungla tutto sarebbe più facile. E penso con ammirazione al Corpo Forestale che fa il proprio lavoro con gli sfridi di qualcosa che è stato.

Mi inebrio di Neozoico

Se fosse un blog del vino (ma non lo è) e se fossi capace di dire qualcosa di sensato per una degustazione, potrei spendere belle parole per raccontare un moscato di Donnas assaggiato all’inizio di questa settimana (profumi, profumi e ricordi).

Invece mi accontento di annotare l’emozione della passeggiata nelle vigne e il sentimento che mi suscita (per l’ennesima volta) l’incontro con la Serra Morenica del Neozoico. Confesso che le pur coinvolgenti spiegazioni scientifiche che la riguardano vengono superate – ogni volta che l’incontro – dalla sua presenza; essa (la Serra) mi appare come un’entità solo apparentemente immobile, una creatura viva e brulicante di ricordi ancestrali; ricordi della terra com’era e del nostro tempo più lontano. Le passo accanto e provo un’irresistibile attrazione, l’impulso di fermarmi e gridarle qualcosa che le faccia capire che “io ti sento!”.
La Serra è come una porta che si apre sull’immaginazione. Entro e avverto le tracce delle mie vite precedenti negli insediamenti arcaici e preistorici, tra un masso erratico e l’altro. E la pietra che emerge nel paesaggio curato dagli agricoltori (e deturpato dagli amministratori) costella il verde che luccica, le vigne impervie eppure accoglienti e fiabesche.
E – come sempre – il vino è il risultato di un intreccio di provenienze, appartenenze e una complessa serie di “…nDSCN6077DSCN6093DSCN6082DSCN6103DSCN6087DSCN6091DSCN6107ze”; qualcosa di inimitabile (vivaddio), che non tutti sono pronti a capire: io sì!

La Sindrome dell’Amicizia

doccia Fusina/foglieIn una sera non qualsiasi, l’invito a cena di tre amici ha improvvisamente interrotto angoscia e preoccupazione, con il ricordo della “Doccia Fusina”, la cena sul mare come da giovani, una bottiglia di Vermentino, e una conversazione anatomopatologica che va oltre tutto il resto. Un indimenticabile invito alla leggerezza che sarebbe piaciuto a Calvino, con il mio Professore preferito che ricorda disegni disegnati e prodezze tentate. Una serie di sintomi richiamati alla memoria comune, che messi in fila determinano la Sindrome dell’Amicizia. Allora posso rientrare, meno gravata e senza scantonare.