In un contesto in cui il silenzio della politica sull’agricoltura e sui temi a essa legati – economia, alimentazione, sviluppo, qualità della vita, produttività, turismo, lavoro e (last but not least) paesaggio – appare impressionante, è bello constatare la rinnovata attenzione del Comune di Montalcino ai lavori del Laboratorio Internazionale di Storia Agraria e al Premio Città di Montalcino per la Civiltà Contadina – nato dallo stesso pensiero per la terra, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico più vasto -.
Gli spettatori che domenica scorsa, nel tardo pomeriggio benedetto dalla pioggia, hanno partecipato alla tredicesima edizione del premio, sono stati a loro volta premiati dalla “lezione sul paesaggio”, tenuta dal professore Saverio Russo; una lezione magistrale da diffondere a tutti gli imprenditori agricoli (burocratico nome per un lavoro bellissimo!), che con la terra dialogano tutti i giorni. Chi c’era si è anche goduto l’esibizione verace di Marcello Colasurdo, una tammurriata senza senza filtro, per cantare gioie e dolori, amore e frenesie, pensando agli uomini e alla terra, senza pensare di fare spettacolo.
Una tammurriata apotropaica, in cui si ascoltava il battito del futuro; un battito per chiamare buoni pensieri e per ricordarci che il futuro è disegnato nella terra.
A me la parola imprenditore agricolo non è mai piauciuta.
Contadino, vignaiolo, vinaio sono sempre piauciute di più e hanno un rimando molto più efficace al pezzo: la terra.
Che sarà bassa e scomoda ma in se ha il dono della libertà e della semplicità per chi vi opera.
In questo caso la nomenclatura burocratica toglie valore al lavoro della terra.
Quando hanno inventato il termine la terra non era ‘di moda’ come ora.
Strano destino: un tempo l’agricoltura era considerata zero, ora “è di moda”, tuttavia ci si continua a dimenticare che senza agricoltura non si mangia!