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Una sera con Furore
A cosa serve leggere libri – in particolare i romanzi -? Mi rispondevo mentalmente da sola lo scorso giovedì sera, mentre mi tornava in mente la trama di “Furore”, (ovvero The grapes of Wrath, tradotto impropriamente come ‘grappoli di odio’) …Mi rispondevo mentalmente, ricordando la situazione da cui prende le mosse il romanzo di Steinbeck e accostandola all’assemblea gremita – ma tranquilla (tranquilla, ma non supina) – a cui stavo partecipando, e riflettevo sugli eterogenei interessi che riguardavano sia i partecipanti presenti, sia i molti soggetti coinvolti assenti. Che cosa c’entra la lettura di libri con le centrali geotemiche che la regione prevede di installare tra Amiata e Montalcino?
E a che serve leggere i romanzi? A capire meglio e a vivere come proprie le esperienze degli altri; o a riconoscere le situazioni e le loro dinamiche, anche quando sono meno palesi, forse . Chi ha l’abitudine all’informazione non sempre utilizza quella che gli viene dai romanzi che ha letto. Questi solo apparentemente ci rappresentano una finzione; perché chi scrive romanzi ci mette sempre un pezzetto della propria storia o di quelle che ha visto accadergli intorno. Perché le storie degli uomini si inseguono, sospinte da pulsioni identiche, e a saper distinguere ci sono anche i buoni e i cattivi. L’altra sera proprio Furore mi tornava alla memoria, una lettura giovanile che mi aveva turbato nel profondo; mi aveva angosciata l’idea di quelle famiglie spossessate, costrette a lasciare una vita e andare via senza speranza e senza futuro.
Di certo il contesto in cui mi trovavo non aveva le tinte drammatiche di quel romanzo (che peraltro non è pura fantasia, bensì una storia che ci riporta ai tempi della grande crisi negli Stati Uniti); ma continuava a farmelo tornare in mente e dati i tempi che stiamo attraversando mi sono chiesta se qualcosa lì sospeso a mezz’aria, o dietro agli occhi attenti di quelli che ascoltavano senza un mormorio o un gesto di polemica, mi aveva suscitato il ricordo di quel libro così lontano.
Non rileggerò subito Furore, ma lo cerco e me lo tengo a portata di mano. E’ una lettura scomoda e pesante, fatta di questi tempi, ma è persino un libro con un lieto fine, anche se non per tutti i protagonisti della storia. E sono convinta che rileggere quel libro – corposo e apparentemente inattuale – aumenterà la mia capacità di capire.
Epifania
“Stanno vendendo le isole greche…” ho pensato quando la guardia del Parco regionale dell’Uccellina mi ha detto che non si può andare a Marina di Alberese in auto, ma solo a piedi o in bici. “Ma che c’entra, qui non siamo mica in Grecia e poi stanno solo facendo dei lavori per impedire alla pineta di morire” ho subito ri-pensato, buttando acqua sul pensiero precedente. “Si comincia così, ed è un modo per deviare il corso delle abitudini; sta a vedere che dopo cinquant’anni che ci vengo mi ritrovo la spiaggia privatizzata …”.
No, certo che non sarà così (almeno spero), ma questi sono i pensieri nuovi, quelli a cui ci ha abituato questo tempo presente, in cui la certezza, anche sulla proprietà pubblica di paesaggi o monumenti, o istituzioni, non ha più cittadinanza. Come una giornata in una spiaggia, senza inutili pedaggi (a parte l’igresso a ore, al parco), senza orpelli, con (ancora) un sentimento di libertà: seduti tra ginepri, rosmarini e tamerici, di fronte al mare, a leggere o a oziare, in silenzio, ascoltando il vento.
Non sarà così, non succederà, tuttavia sarà meglio farci un salto, portarci gli amici, chiamare quelli del FAI, scrivere a Italia Nostra, telefonare agli ambientalisti, noleggiare le biciclette, mettere le gambe in spalla, avvisare i vicini … Tutto fuorché tenersi il dubbio dentro, per non passare da disfattisti, per non essere vissuti come nemici del “partito” o del sistema, guardati come inaffidabili gruppettari che non vogliono adeguarsi ai tempi (orripilanti, peraltro) e ai passi dettati dalla necessità di rinunciare a certi effimeri piaceri (nostri), per far quadrare un qualche cerchio e tappare qualche buco. Meglio figurare come apprensiva, allarmista, snob, piuttosto che finire su una sdraio in fila per quattro con l’avanzo di niente …