Appuntamento con il Tempo

Ho spento la televisione, non ricordo più nemmeno quanti anni fa. Mi ero accorta che interferiva in modo determinante con la mia capacità di attenzione, disperdeva le mie energie, mi impediva di concentrarmi e riempiva i miei silenzi interiori con un mucchio di rumori senza senso.

Ho bisogno di essere informata, per sopravvivere e mi sono resa conto che guardando la televisione era come spalmare il mondo e i suoi sommovimenti con una spessa marmellata di prugne, scura e appiccicosa. Mi sono resa conto che il rumore emesso dalle reti tv era sempre più forte: potevano essere scene di sesso, violenza, suoni o dialoghi che avvenivano con il solo scopo di stupirmi, di farmi sobbalzare, di tenermi inchiodata a quel canale; è l’Auditel, bellezza, mi dicevo (e lo sapevo) perché l’Auditel era stato il mio profeta, per decidere dove andare a vendere la mia mercanzia, cioè a mettere la mia pubblicità.

Ma quelli erano tempi diversi – bei tempi! – quando cercavamo di convincere gli utenti pubblicitari a fare uno ‘spot’ intelligente; di intelligente allora c’erano le vacanze dell’Espresso (era lo stesso tempo). Ora, per rapire la mia attenzione, anzi la vostra, e impedirvi di cambiare canale, chi governa la televisione fa di tutto, fuorché informarci di quello che succede nel mondo e darci quindi gli elementi per capirne cause e decidere quali potrebbero essere le soluzioni. Perciò io la tv l’ho buttata nell’apposita discarica, tanti anni fa.

Però ogni tanto do una sbirciatina alla pubblicità, anche se troppo spesso quello che va in onda adesso è banale e deludente. Perciò non vedo il barcone che si rovescia, in diretta, la gente che muore, i campi profughi, i parlamentari in tailleur che dicono cazzate, il Papa che benedice (spesso nella stessa piazza San Pietro), il senato della Repubblica in subbuglio, i cortei e le partite di calcio; non vedo più i salotti televisivi (da secoli) con i maleducati che si danno sulla voce. Anche questi ultimi obbediscono alle esigenze dell’Auditel: fare fracasso, nessuna discussione pacata e chiara, bisogna generare inquietudine per alimentare l’instabilità e l’audience.

Ma allora come faccio per informarmi? Leggiucchio qua e là, scegliendo a istinto quasi a tentoni tra i miliardi di parole scritte, evitando gli strilli e girando alla larga dalle immagini: Le immagini mi piacciono – le foto, i disegni, i fumetti, la grafica – ma preferisco costruirmi un mio library personale, fatto da me. Internet è un’opportunità, ma cerco di evitare le sollecitazioni che cercano di muovere gli istinti e le reazioni di livello più basso, tutto ciò che lavora nella scia delle tecniche televisive. Poi penso, cioè metto in relazione gli elementi imparati spiluccando qualche quotidiano, la radio e osservando.

Nessuno vuole che si pensi; quelli che pensano sono pericolosi e sono dei potenziali sovversivi. In effetti è un po’ così; perché riuscire a capire perchè accadono certe cose, provare a immaginarne le cause che non appaiono, darsi delle spiegazioni, provare a cercarle in altri media o parlandone con qualcuno che potrebbe conoscere altri elementi, permette di non essere allineati a tutto quanto viene ammannito con il pastone televisivo quotidiano e di provare a ragionare con la propria testa. 

Questo è un tempo difficile, ma molto interessante; bisogna però dotarsi di strumenti per non farsi travolgere schiavizzati dal volere altrui. Prima di tutto penso che si debba salvaguardare il proprio silenzio interiore – uno spazio di riflessione indispensabile a ‘farsi una propria idea’ -, bisogna dotarsi di informazioni, imparando a ricostruirle e confrontarle; infine bisogna leggere e imparare il significato delle parole, e imparare a usarle per spiegare le proprie idee e per ascoltare meglio le idee degli altri. Per non perdere l’appuntamento con il tempo, la prima cosa da fare è spegnere la tv.

Restitution Time

RESTITUTION

  1. (nome) a sum of money paid in compensation for loss or injury
  2. (nome) the act of restoring something to its original state
  3. (nome) getting something back again

La radio irrompe nel silenzio della campagna, portando voci e suoni che ci lasciano lo spazio-tempo di visualizzare situazioni, volti, miracoli e disastri. La radio irrompe nei nostri silenzi e nella nostra distrazione e ci costringe a vedere e pensare. Se la voce, se la scelta delle parole, se la sintesi, se il momento (o il tempo) sono giusti, la radio – più di ogni altro mezzo – senza banalizzare con immagini (alle immagini siamo troppo abituati) ci porta dritti dritti al punto.

Questa mattina a radio3 – Prima Pagina -, un programma benemerito, che i giornalisti conduttori tendono ad annacquare (per non irritare troppo i vari padroni dei giornali e il mondo della politica), ha fatto irruzione la voce cantilenante di un veneziano. Un accento – distinguere il veneziano dal veneto! – che ci porta subito accanto a un canale e si sente forte l’odore dell’acqua di laguna; siamo a Venezia, dunque e ci sono le navi mostruose che sovrastano la città e la sua storia, la mettono in mutande e in ginocchio, alla mercé di un qualsiasi turista un po’ fesso (non può che essere un po’ fesso uno che vuole vedere Venezia così!) che la penetra e la sfascia (perché lo spostamento generato da navi gigantesche che passano più volte al giorno non sarà senza conseguenze).

L’accento veneziano non nasconde i sentimenti che squarciano il ritmo consueto di tutti i mali italiani: il MOSE è servito soprattutto a favorire gli interessi di qualcuno che guadagna con un turismo che sfrutta biecamente la città, il MOSE inoltre è stato gestito in modo talmente disonesto che tutta la cordata dei ‘responsabili’ ora è sotto inchiesta e molti sono finiti agli arresti domiciliari. Ma è di tre miliardi di euro il malloppo che manca all’appello, anche se la magistratura indaga, anche se i giornali pubblicano con le consuete oscillazioni, anche se ne parla la radio e si vede in tv.

Il veneziano erompe, con il pensiero dei cittadini onesti, normali. “Questi signori saranno riconosciuti colpevoli, faranno un po’ di carcere o di detenzione ai domiciliari, poi torneranno in circolazione tenendosi il denaro sottratto alla collettività. Ma questo modo di procedere dura da decenni, depredando il nostro paese. Ogni volta si scopre l’ennesimo scandalo, si parla e si scrive, si accusa, si condanna, ma non si sa mai che fine hanno fatto i soldi sottratti; ai cittadini ora interessa solo questo: che venga restituito ciò che è stato rubato”. E il pensiero ovviamente non riguarda solo il MOSE. Perché la somma di tutti i malloppi spariti è una cifra enorme.  

Di certo non sono riuscita a scrivere con la stessa efficacia con cui sono state dette, le frasi che danno corpo al pensiero del signore veneziano, un’idea condivisa da tutti i cittadini esasperati dalle connivenze e dal malaffare, dalla mafiosità pervasiva che inquina il paese, lo immiserisce e lo taglieggia. Restituire il maltolto deve diventare un obiettivo comune da perseguire e da raggiungere. Non interessa tanto il destino dei corrotti, quanto la restituzione del bottino alla collettività derubata.

Per ascoltare questo pensiero, detto molto meglio di come io l’ho scritto, collegarsi a radio3 – primapagina, per sentire in streaming l’efficace intervento del signore di Venezia.