Quando Hosting suona hostile

Rimasta in panne con il mio piccolo blog, leggo la mia posta, ieri, e mi accorgo con raccapriccio di non aver pagato la fattura relativa all’hosting del mio dominio. Meno male che – anche di domenica – si può pagare con una carta di credito e sopperire alle proprie disattenzioni (e alla mia – non lo nego – trascuratezza).
Inoltre anch’io sono diventata più attenta ai costi dei servizi – inclusi quelli bancari (ma va?!) – e sei (6!) euro per bonificarne diciotto mi sembra uno scotto eccessivo.
Mi accingo perciò a pagare on line e sistemare rapidamente la cosa – così fan tutti – ma incoccio subito in una difficoltà stupida, ma apparentemente insormontabile. Non ricordo più con quale nome mi sono registrata, tra i tre o quattro che legittimamente avrei potuto usare. Niente paura, però, perché mi chiedono anche con quale mail e questo è molto più facile e accessibile. Difatti compito la mail e la pass. No, mi risponde il sistema, non è quella giusta (di certo la password). Riprovo tre volte, ma chissà quali associazioni mentali stavo facendo, quando mi sono registrata qui?! Inoltre penso, con un po’ di risentimento, a quanti numeri e codici tengo a mente per accedere a irrinunciabili servizi (almeno dieci, mi par di contarne).
Insomma non ce l’ho fatta; il sistema però mi conforta comunicandomi che posso cambiare password. Ora è un po’ difficile riportare qui tutti i passaggi che devo avere sbagliato ieri, perché sono stati molti e ho buttato un bel po’ di tempo, prima di lasciar perdere e pensare che avrei chiamato direttamente al telefono l’hosting, all’indomani, a uffici aperti. Cosa che ho fatto, ricevendo una spiegazione puntuale, ma velocissima, nel consueto gergo del settore, per addetti ai lavori. Comunque mi mandano una password che il sistema partorisce per default e che è complicata e cervellotica (ma si sa, la sicurezza ha un suo prezzo: ora lo sa anche Obama!). Quindi procedo, ma al momento in cui devo pagare, cliccando sul marchio che corrisponde alla mia carta di credito, non c’è alcuna reazione. Richiamo l’hosting, che questa volta è una donna e mi pare spazientita,   mi fa rifare tutta la procedura – inclusa composizione della supercomplicata password – la sbaglio tre volte, sentendo come fosse sul collo l’inequivocabile sbuffo di impazienza da parte dell’operatrice all’altro capo del filo. Mi sento vecchia e obsoleta, subito dopo mi sento incapace e anche un po’ scema. Per consolarmi penso che ‘quella lì’ non ha (ancora) affrontato nemmeno un centesimo delle montagne che ho dovuto scalare nella vita; poi mi pento e ‘quella lì’ torna ad essere una donna giovane a cui non hanno insegnato che l’educazione conviene, sempre, anche quando chi hai di fronte ti sembra una cacchetta.

Poi finalmente, riesco a pagare, ma non è merito dell’efficienza di ‘quella lì‘, ma solo del ‘sistema’ che finalmente alla terza sollecitazione (identica alle due precedenti) si sblocca. Ora ho pagato e posso postare questo post, fregandomene della ripetizione. E posso iniziare a cercarmi un hosting meno ostile e più educato.