Visioni, luci, controluce

Come sarà l’anno in cui ci siamo – ineluttabilmente – inoltrati? Durissimo, come l’anno precedente, io mi immagino. Con il saluto d’addio di un grande musicista e (or ora) anche quello di un uomo – emblema della ‘riemergente’ cultura italiana – non poteva essere altrimenti. L’unica strada è quella della luce: il vero discrimine delle nostre esistenze. Una vita ‘illuminata bene’ (v. Hemingway), dalla ricerca, dall’amore, dalla pietas, dalla conoscenza, e … sì dalla luce che anima l’universo mondo; un’esistenza che dia spazio a tutto quello che sta dietro all’apparire e all’apparenza.

La mia piccola Lulù (la più grande di tre ‘mie’ piccole) disegna intenta, seduta al suo posto d’ordinanza, nel mio casino casereccio, tra carte e colori e nevrosi nonnesche. Alla radio, musica: il “Concerto di Capodanno” dei Wiener  Philharmoniker con Strauss e dintorni. Ecco senti Lulù questo è il concerto che ogni anno si tiene a Vienna, per celebrare, per salutare, l’anno nuovo. Segue indispensabile spiega: un anno è finito, un nuovo anno inizia, proprio oggi.

“Anche a Milano?” Chiede, molto interessata la mia piccola disegnatrice indefessa. Certo che sì, la rassicuro: l’anno nuovo è ovunque; tuttavia non basta, e avrei dovuto capire che mi inoltravo in un campo delicato e inedito. Anche a Milano c’è un anno nuovo, ma a Lulù non basta: “In tutto il mondo?” Certo che sì, è un anno nuovo e bello lustro, in tutto il mondo. Ma a Lulù (che deve avere una quantità di pianeti nel segno della Vergine, e comunque la tendenza a dare contorni precisi a ogni fenomeno) non basta: “Anche a Saturno?”, approfondisce, e io confermo. Ma io mi blocco, perché penso che forse su Saturno il tempo scorre diversamente e ne ho avuto l’indiretta conferma negli sguardi un po’ smarriti degli amici a cui ne ho fatto cenno e ho chiesto notizie precise in merito.

Come sarà questo anno nuovo su Saturno? Verrà in sogno a raccontarmelo Georges Prêtre con il suo bel volto di seducente uomo sportivo e musicale, e un sorriso malizioso.

I Libri, dove succede di tutto

Ne farei volentieri una canzone – invece di “the man I love” “the books I love” – perché si tratta dell’amore più duraturo, benefico, quasi materno nel senso che è un amore che ti nutre, ma che può anche consolarti dalle spine della vita; qualcosa che ti resta dentro e che nessuno ti potrà mai togliere, nemmeno tutti i Goliath in cui s’inciampa cammin facendo.

Non ho smesso di amare la lettura nemmeno andando a lavorare in casa editrice e finendo quindi per conoscere molti autori (e chi ha lavorato con loro sa quanto siano insopportabili). Anzi, con alcuni si è stabilito pure un rapporto (quasi) d’amicizia, da parte mia per un senso di gratitudine – vedi sopra i benefici di una buona lettura -, da parte loro per pura venalità – il mio lavoro e quello di chi lavorava con me significava più copie vendute, più recensioni, più pubblicità -.

In campagna, non si può vivere senza un buon libro sottomano; cioè si può sopravvivere, soprattutto lavorando, ma si perde quel misterioso cortocircuito che avviene tra la vicinanza agli aspetti ‘primitivi’ (la terra e gli alberi) e la parola scritta che porta a galla le emozioni e allo stesso tempo ti aiuta a capirle. Chi non ha provato perde un pezzo di vita, anche se beve vini sublimi e mangia a quattro palmenti (per tacer dei rimanenti spassi).

Sbaglia di grosso chi magari pensa che siano pensieri di una vecchia snob; col mio snobismo la goduria della lettura c’entra ben poco. Ho cominciato presto ad amare le parole scritte sulle pagine di “12 fiabe di 12 maghi”, un libro che mi è stato regalato da mia madre a sei anni e che rileggo tutt’ora sempre con piacere e ogni volta trovando aspetti e senso inediti. In un libro può succedere quasi di specchiarsi e di trovare la spiegazione a scelte, tic e modi di sentire che proviamo ma di cui non capiamo il perché. Capita di riconoscere situazioni, scoprire analogie e di riconoscersi, senza sconti, ma anche con notevoli vantaggi nei confronti della vita senza libri. Una vita piatta, alla ricerca di pienezza.

Penso che l’Italia sia abitata da un popolo un po’ bue (ma con sentimenti assolutamente amichevoli nei confronti dei buoi), perché troppi non provano a leggere o non provano nel leggere quel piacere rotondo che ti riempie la vita. Anche bere un buon bicchiere di vino da lettori di libri è ben diverso che bere lo stesso bicchiere da ignari della parola scritta.

Penso che non si possa fare un vino straordinario senza leggere libri meravigliosi; ti allenano a capire le emozioni della vita e i misteriosi piaceri della campagna!