Via col Vento

DSCN2624Disegnare è un po’ pianificare e un po’ raccontare; raccontare a se stessi ma se riesci a farti capire è anche raccontare agli altri. E un disegno riesce a raccontare a tutti quelli che sono sulla tua lunghezza d’onda; e più larga è la banda che usi, più numerosi sono gli occhi e le sensibilità che intercetti. Così, dopo aver speso una vita a raccontare con le parole, mi capita di scoprire i racconti per immagini. E dopo aver disegnato la campagna, i fiori, gli alberi, le vigne, i poderi, i sentieri, i boschi, gli uliveti, le stagioni, le persone e i personaggi, di Montalcino e dintorni, è tempo di metterli in bocca agli altri, di farli girare per il mondo, di usarli per sgranare storie, canzoni, vino, emozioni e colori …

La Triennale, ogni anno

DSCN9650Vivo in campagna, si sa, per la maggior parte del mio tempo; ogni volta che torno in città – soprattutto se si tratta della città da cui vengo – la vivo intensamente, poiché i miei occhi e i mei sensi hanno appreso altri paesaggi (quelli in cui desideravo vivere, da sempre) che però lasciano ampio spazio alle mie nostalgie e anche ad altre visioni.
Uno dei miei ricordi più vividi (e più lontani negli anni) riguarda il momento in cui ho capito, provando una sofferenza acutissima, che avrei potuto vivere solo una vita (forse due). Sarà per questo che mi piace Murakami Haruki, che nei suoi libri riesce a raccontare proprio questo sentimento.
Ciò che non potevo sapere, in quel momento così tanti anni fa, era che invece avrei potuto vivere vite diverse, se fossi stata capace di metterle in fila, una dietro l’altra, come i vagoncini di un treno-giocattolo, magari agganciati l’uno all’altro o forse no. Me ne sono accorta l’altro giorno ritornando alla Triennale (lo faccio ogni anno, è più facile vedere dove si è arrivati); ho pensato di visitare la mostra curata da Italo Lupi (è stato mio collega, tanti anni fa e mi ricordo sempre il suo naso che pesca un po’ in bocca …) che illustra il design italiano, prendendo le mosse dalla prima metà del ‘900 e di seguito mostrando molto bene autori e oggetti, della seconda metà del XX° secolo che mi sono familiari, perché ci ho vissuto accanto, li ho visti lavorare e ho visto nascere quei pezzi e potrei citare a memoria alcuni dei discorsi che si facevano a quel tempo. Quella è stata una vita intera, unica, con amori e tutto il resto; unica e distinta, iniziata quando sono uscita dall’Accademia e durata pochi intensissimi anni; poi è finita quando ho cominciato a lavorare in un’agenzia di pubblicità.

Insomma è impossibile raccontare tutto in un blog, anche se questo format mi dà l’impressione di parlare ad alta voce, di raccontare, con un bicchiere di vodka (o d’acqua, che è lo stesso) davanti.

Ma la Triennale si è sommata ad altri incontri, anche casalinghi, al riconoscimento di una “modalità” (si dirà così?) che sta facendo irruzione (oppure scivola dentro, chissà) nella nostra vita – di certo nella mia – una nuova medialità che modificherà, cambiando forse anche i modi di sentire e di vedere, di certo modificando le percezioni.

Nello stesso ‘girone’ c’è un bel po’ di paesaggi e di habitat natura (ancora e nonostante tutti i miopi in circolazione). Ed è come se questi due contesti (attenzione: non si tratta di contrapposizioni tra città/tecnologia e natura/paradiso perdente) fossero due vite che procedono in parallelo, portando alla luce storie che scorrono una accanto all’altra.

 

Merenda con Gioia

Ritrovare un mondo – che ti ha nutrito di conoscenza negli anni più intensi della vita – può diventare una merenda lunga un pomeriggio intero di una giornata lombarda, sotto il cielo vasto di cui ogni tanto mi dimentico. E gli ingredienti non sono solo la zucca, le verdure e i pesci, né si limitano al vino – anonimo e meraviglioso pinot nero vinificato in bianco – né alle stoviglie, al giardino più lombardo che mai, agli uccelli che chiedono di partecipare. E quello che mi torna in mente – nitido e commovente – è un mondo intero che non era solo della mia gioventù, ma quella di una città che si apriva alle arti, alle lingue, ai segnali, al lavoro intelligente delle mani, ai grandi fotografi, a Bruno Munari, a Sottsass, ai grandi architetti che non erano star, a Fornasetti e alle mostre del Caravaggio e degli astrattisti; ai grandi temi della conoscenza che entravano nei dialoghi della gente di tutte le età e di tutte le appartenenze. Una Milano che viene appena prima di quella cantata da Lucio Dalla, troppo civile e aperta al nuovo per sospettare che sarebbe stata annientata dall’invasione del nullificio.DSCN8104DSCN8108DSCN8114DSCN8110 DSCN8107Merenda con Gioia è anche ritrovare una grande artista figlia di quegli anni e scoprire che tutto è rimasto intatto, che sotto il cielo di Lombardia dove pullula di tutto, è rimasto un angolo di ricchezza vera, fertile, feconda e piena di energia. DSCN8100