“Ma poi che cos’è un Vino?”

È quello che dovrebbe chiedersi qualche docente – di marketing, di comunicazione, di quello che volete voi – è soprattutto quello che dobbiamo chiederci tutti, prima di mettere in atto politiche e strategie promozionali.
Non può non tornarmi in mente questa domanda in tempi di vendemmia (e Rostand non si rivolti nella tomba, perché un bacio e un vino hanno qualcosa in comune). E gli amici (e le parenti) che il vino lo producono e i circostanti che si occupano di comunicazione – chiamo fuori da questo discorso il giornalismo che invece si occupa di informazione – proprio in questi giorni di vendemmie complicate e impegnative, il cui frutto lascia ben più domande delle consuete, potrebbero alzare il capo dal lavoro in corso e finalmente porsela anche loro.
Non è una domanda retorica, non è una domanda capziosa, non è nemmeno polemica: è la base da cui partire per fare della comunicazione sul vino, per farlo conoscere, per promuovere un’etichetta, un marchio o una doc. Per promuovere bisogna saper commuovere e se il verbo non vi piace posso sostituirlo con ‘emozionare’, oppure creare interesse.
La cosa buffa – si fa per dire – è che il mondo del vino è una vera e propria biblioteca di emozioni: mi viene in mente soprattutto(ma non solo) in tempi di vendemmia, quando sarebbe interessante che invece di sparare numeri o dati inamidati, che vengono letti come si beve un bicchier d’acqua, a qualcuno venisse in mente di coinvolgere gli spettatori / lettori nei sentimenti che la vendemmia porta con sé. Qualcosa di talmente emozionante, da essere in grado di mettere in sintonia vino con uomini (e con consumatori potenziali) in modo profondo. Vino con l’anima? Eh sì, e con il cuore e con la mente. Perché senza emozioni non si comunica. I numeri lasciamoli a chi deve far tornare i conti. E se saremo capaci di emozionare in modo non retorico e banale, i conti torneranno meglio.