Italo non è un treno

dscn0942Italo non è nemmeno un aereo e, soprattutto, Montezemolo non c’entra. L’ho richiamato ieri sera, dopo qualche mese dalla sua ultima telefonata, ma quando il telefono è arrivato al quinto squillo a vuoto ho cominciato a pensar male; invece ha risposto con la sua voce un po’ cantilenante e piena di punti di domanda. Erano alcune settimane che volevo chiamare Italo, poi le settimane si sono raggruppate e sono diventate mesi. Ma ieri sera, nell’ora più scomoda (per me e forse anche per lui) – ora di cena – gli ho telefonato.

Mi sembrava di avere delle cose da dirgli e invece ho lasciato che fosse lui a domandare: ogni volta ci raccontiamo un pezzo di vita e sembrano racconti di Alice Munro. Non a caso lui è vissuto lunghissimamente in Canada, un paese con cui ho avuto un po’ a che fare anch’io. E’ il mio legame residuo con Biella, dove è rientrato – dal Canada – alcuni anni fa. Biella, dove è morta mia madre, dove ho avuto un’amica (la nostra amica), dove ho conosciuto alcuni gentilissimi imbroglioni; Biella, dove non ho allungato il braccio per afferrare la pratica dalle mani di uno che dava numeri che non corrispondevano ai miei.

Certe cose ti restano di traverso per un bel pezzo, manco fossero frammenti di una subdola lisca di pesce (una triglia, magari); quella storia biellese l’avevo raccontata a Italo, una volta per telefono e non c’eravamo ancora mai visti in faccia. Avevamo riso come due vecchi navigati (più navigato lui, però).

Ieri sera gli ho telefonato ed era appena tornato dalle vacanze, e gli ho raccontato un po’ di cose mie. Poi gli ho chiesto un po’ di cose sue. Una ex moglie, un figlio, nuora e nipoti grandi: tutti oltremare ed è qualche anno che non li vede e ogni tanto – mi ha detto – sente un po’ di nostalgia. Poi mi ha detto di sua sorella che sta ancora a Biella ma non vuole più vivere dov’è ora e pensa a un luogo “dove vivere negli anni che le restano”.

La nostra telefonata era solcata da onde, come flussi d’aria leggermente colorati, poi siamo arrivati al dunque. Perché Italo non è nemmeno un amico, nel senso corrente del termine; io l’ho trovato cercando una mia amica smarrita, che non ritroverò più. Avevo annotato su un bigliettino (che avevo ritrovato) un numero di telefono che lei mi aveva scritto, l’ultima volta che ci eravamo viste. Scriveva tutti gli indirizzi e i numeri di telefono, su innumerevoli fogliettini per ricordare quelli che avrebbe voluto chiamare, ma di cui non ricordava più il nome; poi non ricordava più che li voleva chiamare e poi non sapeva più chi fossero e che cosa fosse chiamare, figurarsi un telefono.

Comunque quel telefono suonava a vuoto e ha suonato a vuoto un po’ di volte, finché qualcuno ha risposto. Così ho conosciuto Italo e quella volta gli ho chiesto notizie della nostra amica. Lui era sempre via, a girare documentari che lo impegnavano per lunghi periodi, per questo non l’avevo trovato prima. E la nostra amica stava bene, ma non riconosceva più nessuno, nemmeno sé stessa.

Così ogni tanto io e Italo ci sentiamo al telefono e ci raccontiamo qualcosa delle nostre vite; poi a un certo punto parliamo di lei, della nostra amica che non si ricorda più di noi e nemmeno di sé. Oggi ascoltando la radio ho sentito che è “la giornata” dell’Alzheimer e mi sono ricordata della prima volta in cui ho letto questo nome: era un servizio su Newsweek, probabilmente nei primi anni ottanta e il mio medico non ne aveva mai sentito parlare. Alla radio oggi hanno detto che ci sono cinquecentomila malati di Alzheimer, in Italia.

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