Un giglio come metafora

DSCN6741Erano raffigurati su tutte le ‘immaginette’ della prima comunione. Appaiono pure nell’iconografia di San Luigi. Per tutta l’infanzia li ho detestati, per il profumo ridondante e per l’abbinamento a un concetto di purezza che puzzava di monaca; e io le monache le avevo subite, alle elementari e persino in prima media. Da un istituto religioso mi ero fatta espellere, dopo aver commesso una serie di nefandezze da bambinona silenziosa e testarda. Sempre in un’aura di profumo intenso, abbinato in modo, per me, quasi indissolubile all’immagine dei gigli.

Li ho amati invece dopo averli ammirati tutt’intorno alla Costaccia – piccolo affascinante podere dei vicini – e Lola, la mia vicina di podere me li aveva piantati a Fonterenza, per proteggere gli iris dalle ‘spinose’-. Lola portava un copricapo a cono per proteggersi dal sole e tornava dalla fonte, camminando silenziosa e dritta come un fuso, magra, con un portamento da contadina viet, infinitamente più elegante di certi signorotti banali. (La incontro ancora, Lola, a qualche anno dalla sua morte – avvenuta a novant’anni, sorbendo un cucchiaio di minestra poi reclinando il capo – quando svolto una certa curva, prima della fonte; e c’è sempre un ramoscello che si agita o una foglia che ha un fremito, per dirmi che lei è lì e pensa al tempo che farà).

I gigli dunque, e Lola Fagnani, con la sua voce acuta e sonora e il dono della terra: i suoi orti, le sue piante, i suoi fiori, e l’estetica della fertilità. Ora, stamane in particolare – dopo l’ennesima (milionesima?) cronaca di malversazioni, corruzione, ruberie in tailleur, cravatte firmate e autoblù, i gigli che perseverano a crescere, nell’incolto, tra i lavori che scaravoltano la campagna, talvolta deturpandone la bellezza, ritornano per segnalare con il profumo prepotente e il loro candore imperterrito, la necessità di recuperare la purezza, senza mezze misure. Non quella un po’ pelosa e sudaticcia a cui mi rimandavano le prediche delle monache noiose – di cui ho un pessimo ricordo – ma quella di una coscienza vitale e vivace, vogliosa di futuro, di pulizia e di energia intelligente. Gigli, insomma, da rivoluzione!

2 pensieri su “Un giglio come metafora

    • Francamente l’etichetta non mi interessa più di tanto; però è spaventoso il livello di degrado morale (prima ancora della corruzione) così diffuso da aver cambiato il senso delle cose … almeno così mi sembra.
      Non capisci più che cos’è giusto, o almeno gli avvenimenti si sono aggiustati in tal modo che tutto viene a bella posta confuso mescolato (v. antimafia) …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *