Topo-logo

DSCN1937DSCN1944Luce d’ottobre, radente, che disegna le asperità delle pietre e riscalda i colori di pomeriggio; di mattina raffredda gli animi e mette di cattivo umore. Una stagione messicana, per quella che è (stata) la mia esperienza, escursioni termiche e cromatiche, dal mattino alla sera, come se si fosse a due latitudini diverse: i due volti della stagione, dopo una vendemmia da cardiopalma, camminando su un filo teso tra scelte opposte. La stagione della pioggia pare finita; l’umidità della terra esce di notte e ci si sveglia al mattino con cortine di nebbie-nuvole che diventano quinte di un teatrino ogni giorno diverso.
Nelle incognite stagionali una sola certezza: questo dev’essere l’anno del topo – anche se la Cina non c’entra un bel niente – anzi l’anno del topino. Un animalino che non fa ribrezzo ma procura infiniti danni a tutto ciò che trova sul suo cammino. Topino, mi chiamava mio padre – topo, topino, topazio – e ricordo bene che io, da bambina qual ero, un po’ mi risentivo, perché i topi mi parevano animali di serie B, e avrei preferito che mi chiamasse, che ne so, passerotto, o comunque qualcosa che premiasse la mia vanità.

A causa di questa invasione di topi qui tutti si lamentano, tutti stanno in guardia – un topino in casa può farvi vedere i sorci verdi – tutti ne parlano, tutti mettono trappole. Nessuno lascia aperta la porta di casa, ma tanto i topi entrano dappertutto, anche nelle case vuote, e rosicchiano tutto ciò che trovano.
Anche Aime, la gatta di Francesca, convinta che cacciare i topi sia un lavoro, con orari precisi, si esibisce generosamente ad orario fisso: al mattino mi porta una di queste creaturine vive sull’uscio di casa, e poi inizia un ballo dimostrativo che può diventare una specie di sarabanda, con il povero topo che cerca scampo sempre più lentamente. La prima volta che è successo ho recuperato il topo vivo e l’ho portato fuori mano, in campagna. Poi ho capito che la mia era una vera intrusione in qualcosa che non mi appartiene .. Qui siamo in campagna, mica siamo a Topolinia …

4 pensieri su “Topo-logo

  1. Buonasera Silvana, é sempre piacevole “guardare” ciò che scrive, perché ribadisco , lei é molto descrittiva : luce radente che disegna le asperitá delle pietre (wow)…
    Anch’io come lei salverei tutti gli animali del mondo, ma purtroppo é umanamente impossibile, anche se, parlando del suo caso, stesse a topolandia…

  2. Qui molti toponimi – alcuni davvero bellissimi -, caro Antonio Conti … E, dall’invasione in corso potremmo anche immaginare di essere in una specie di topolandia, per il ludibrio di Aime che stasera ho fotografato mentre tornava da una giornata di lavoro. Grazie per i suoi commenti, doppiamente graditi per l’attenzione agli animali. Ho scoperto che posso attrarre la loro attenzione: mi sto esercitando. Se mi rinchiudono mi venga a portare generi di conforto!

  3. Cara Silvana ,io,come lei, amo gli animali ! Questi rappresentano la parte “debole”, un po’ sola e a volte bistrattata ( da piccoli soprattutto) di noi stessi, e curandoci di loro ci prendiamo un po’ cura di quella parte…

  4. Ma a me sembrava di curare proprio solo quel lato lì, a discapito di altre criticità … Trovo comunque gli animali molto più perspicaci di quanto non vengano comunemente considerati. E, d’accordo con un ‘vecchio’ amico scienziato (Umberto Solimene), li ritengo capaci di amore. Una specie di amore che non assomiglia a nessun sentimento della gamma umana, con una componente di rassegnazione (per quello che siamo noi). C’è di certo nei cani, spesso nei gatti, ma anche nelle lucertole, negli elefanti, moltissimo nei bovini e nei maiali. Le capre invece non amano: osservano. Corro via prima che arrivi la guardia psichiatrica.

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