Via di Fuga

via di fuga dalla banalitàLa prima volta che ho percorso questa strada – era estate inoltrata, quasi autunno – ho avuto la sensazione che un mantello tiepido mi stesse avviluppando le spalle; era un manto fatto di storie, ricordi, passi di uomini e donne: tutto un mondo che aveva lasciato qualcosa di sé, transitando tra quelle cortine di alberi, accanto a una fonte che – appresi anni dopo – aveva abbeverato eserciti che lì accanto si erano più volte accampati, addirittura in ere diverse.

Per infinite volte, camminare su quella strada ha voluto dire essere in vacanza dal lavoro; in seguito è anche stato il cammino per tornare a casa. Ora passo spesso, di lì, e ogni volta la sensazione è quella di uscire dal quotidiano per accedere a un’altra dimensione: una via di fuga dalla banalità.

Mentre ci inoltriamo in un’epoca piena di incognite e di agguati, passare di lì sta acquisendo anche un altro connotato; questo angolo di campagna ancora piuttosto selvatico – spessissimo attraversato da animali anche grossotti (cinghiali, daini, caprioli; l’altro ieri un bel tasso mandiboluto) – sta assumendo sempre più la veste protettiva che mi colpì la prima volta. E se passo in auto, mi fermo un momento, apro il finestrino e ascolto.

 

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