“Vedo le mure e gli archi. Ma la gloria non vedo” (e la politica nemmeno).

Abito in un luogo dove l’aria è pura e ci si vede attraverso, e profuma. Dove anche gli agricoltori più restii – e ne restano pochi – si sono convertiti all’agricoltura più naturale, con mano più leggera, con un’idea che nel piatto o nel bicchiere resti niente chimica e tanto gusto. Sto in questo luogo dove la polvere è quasi pulita, dove i capelli si sporcano poco. Fuori, il paesaggio lascia immaginare che qui sia possibile vivere una vita più armoniosa e meno aggressiva (questo sentimento, invece, è un po’ meno riconosciuto).

Appartengo a una categoria di persone che attraversa l’intera società – classi socio economiche, comportamenti di consumo e appartenenze culturali diversi – tante persone diverse, tutte accomunate dalla percezione che questo nostro paese debba trarre le risorse per stare sulla scena mondiale, da alcuni formidabili beni – ambiente, agricoltura d’élite, prodotti e attività culturali, design, ricerca, artigianato – che si sono formati nei secoli, grazie all’ingegno e all’esperienza di gente che ha saputo mettere le proprie mani al servizio delle proprie idee, con singolare abilità. E questo, non altro, è il nostro vero vantaggio competitivo.

Non so quanti siamo, ma si capisce bene che esprimiamo un sentimento in crescita, certe volte stimolato anche da uno spirito di sopravvivenza residuale. In realtà non ci vorrebbe molto a capirlo, che il paese avrebbe tutto da guadagnare da una strategia di sviluppo, dove a “crescere” fossero, l’aria pulita, la cultura e l’istruzione, il recupero o la rivisitazione delle vecchie costruzioni, la bontà dei prodotti, la bellezza del contesto (in cui vivere, fare vacanza, e anche pensare); insomma la qualità della vita in generale.

Gli spazi dello sviluppo per ora, invece, sono tutti occupati dall’affarismo, dall’incultura, dall’illegalità mascherata, dall’idea di fare soldi prima di tutto. Ma le cose stanno cambiando: alla prova dei fatti e davanti a questo nuovo mondo, sempre più persone capiscono che bello è meglio, che meglio (sembra banale scriverlo) piace di più, che quello che piace di più ha più successo. Cioè il bello ha più successo. Bisognerebbe diffondere questo sillogismo.residence paradiso

 

4 pensieri su ““Vedo le mure e gli archi. Ma la gloria non vedo” (e la politica nemmeno).

  1. Sono i miei egoistissimi antenati mercanti senesi che hanno commissionato l’affresco del Buon Governo e i palazzo di Siena, mica i no profit! Ti è un po’ scappata la penna quando, in fondo ad un’analisi molto condivisibile, condanni l’affarismo; piaccia o non piaccia, il vecchio Henry Ford che pagava i suoi dipendenti meglio di chiunque altro perché così avrebbero acquistato le sue auto ha fatto di più per la classe operaia di Tronti e dei Quaderni Piacentini. Fare bello il territorio e sani i prodotti aiuta gli affari, è chi distrugge la terra e la avvelena che li rovina.

    • Non mi pare che mi sia scappata la penna. Mica parlo di ‘non profit’! Dico che l’affarismo odierno è malato e corrotto. I mercanti che menzioni mi pare fossero parecchio legati al territorio, e lo promuovevano assai, non erano vampiri, anzi. E di certo non erano dei santini, ma avevano l’occhio ben più lungo.

  2. L’orrore fatto dal geometra per ospitare la meritevole scuola dei bambini non è frutto di affarismo malato, ma è da abbattere. Le nostre campagne sono molto più deturpate dall’edilizia “sociale” d’accatto che dal bieco affarismo e, guarda, che la cantina di Antinori è davvero roba di affaristi ma è bellissima. Mentre tante altre di bravissimi nostri amici (molto più stimabili) ….

    • Concordo sulla cantina di Antinori che è davvero bella, ma anche su altre (non su tutte, ma alcune sono molto belle). Concordo pure sull’edilizia di un certo tipo e mi complimento che qualcuno cominci a coniugare il verbo ‘abbattere’.
      E penso con angoscia e reale preoccupazione che i nostri “politici” stanno pensando a come far “ripartire l’economia partendo dall’edilizia”.
      Ti rendi conto? Nessuno che acquisisca il cambiamento di modelli, nessuno che rinnovi la propria visione.
      Tutti ancora a pensare come infilarsi nelle municipalizzate e come “dare lavoro” ai voti, infischiandosene di obiettivi e modi, e delle ricadute sul paese e sui cittadini. Il geometra di cui scrivi ha avuto un committente come minimo acritico…

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