La sera andavamo al Jamaica

Sfoglio i giornali che parlano del nuovo anno e vedo – mica tanto tra le righe – fin dove è scivolato il paese; lo metto a confronto, allora, con quella stagione della mia vita in cui ho ricevuto in dono una visione del mondo come luogo di promesse – lavoro, creatività, operosità, cultura – in anni ancora segnati dalle ultime tracce del dopoguerra; quel tempo in cui Milano (non a caso, Milano) era diventata quasi in modo arcano, il centro dinamico del pensiero e delle idee…E come vorrei che i giovani – ma anche quelli più maturi (che però oggi appaiono ancora molto giovani) potessero mettere a confronto quel tempo di fermenti genuini, con l’attuale stagione del mercato e del commercio delle idee.
Designer, fotografi, scultori, giornalisti e attori, artisti e galleristi, scrittori, poeti, filosofi erano il caleidoscopio vibrante che diffondeva idee, nutrendo l’immaginario delle prime generazioni affrancate dalla guerra.
Quelle strade che univano, nel centro di Milano, il Poldi Pezzoli , gli uffici dell’Olivetti, le gallerie d’arte (la Blu e il Naviglio, tra le altre), la Rinascente, il Corriere della Sera, Brera (con l’Osservatorio, l’Accademia e la Braidense), la Scala, la Banca Commerciale (con l’imprinting di Mattioli), la Permanente, e il Palazzo Reale, …, pullulavano letteralmente della gente che ha fatto da levatrice a un’Italia nuova, traendola dalla miseria, dall’analfabetismo, dal fascismo latente (e mai del tutto spento).
E prima o poi, durante la giornata, li incontravi al Jamaica; Guido Vergani, Gianni Dova, Romano Lorenzin, Franco Russoli e Guido Ballo, Sandro e Guido Somaré, Luca Scacchi Gracco, Alfa Castaldi e Mario Dondero, Luca Crippa, Uliano Lucas, Lucio Fontana e Marco Valsecchi, Pietrino Bianchi, Roberto Leydi, Eco, Baj, Del Pezzo; Max Huber, Tullio Kezich, Cardazzo,Schifano, La Pietra, Mulas Provinciali, Zavattini, la Cederna e Salvatore Quasimodo … un Olimpo dell’intelligenza in cui noi giovanissimi studenti ci tuffavamo, abbastanza consapevoli del nostro privilegio, istintivamente consci della ricchezza a cui avevamo accesso. Un miracolo che è durato fino a metà degli anni sessanta, e che permane nelle sue forme – notevolmente addomesticato – anche oggi, per ricordare, ma ormai solo al turista (ahimé!), un’Italia povera, assetata di crescita e di conoscenza, un paese emozionante, industrioso e ingenuo, pieno di sogni e con il coraggio dell’intelligenza.
Ho ritrovato tutto, con le foto che mi han fatto fare un bagno di giovinezza (di quelle toste!) in un libro che rende assai bene quel tempo ricco; un bel libro e una carrellata di facce immortalate dai più grandi fotografi del nostro paese.
Jamaica, Arte e vita nel cuore di Brera – Rizzoli -.

2 pensieri su “La sera andavamo al Jamaica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *